Le melanine epatiche e gli ormoni sessuali
Le melanine sono pigmenti che si ritrovano a tutti i livelli filogenetici e sono classificate in eumelanine, pigmenti che contengono azoto e feomelanine contenenti zolfo. L’eumelanina, forma predominante negli umani, ha il ruolo di protezione della pelle in quanto assorbe gli UV e la luce nel visibile; la sua presenza nei distretti viscerali dei vertebrati inferiori, quali fegato e milza, suggerisce una funzione citoprotettiva contro le specie citotossiche quali le forme attivate dell’ossigeno. Grazie infatti alla sua struttura chimica, le melanine possono intrappolare le specie chimiche citotossiche e partecipare a quelle reazioni che modulano lo stato redox delle cellule pimentate. Sino ad ora le uniche cellule pigmentate in grado di sintetizzare melanina sono i melanociti cutanei, e la loro controparte cellulare tumorale, contraddetto dai risultati di ricerche su sistemi pigmentati extracutanei dell’uomo e dei vertebrati inferiori (Cicero R.
et al., 1989). vertebrati inferiori posseggono infatti una popolazione di cellule pigmentate localizzata in distretti extracutanei e viscerali, un peculiare sistema di cellule pigmentate derivato dalla linea monocita/macrofagica in grado di sintetizzare melanina. Tale sistema ha localizzazione epatica, splenica, polmonare e renale e la presenza in tali distretti rimane tuttora da chiarire. Secondo alcuni autori l’accumulo di melanina nel fegato sarebbe correlato al ruolo antiossidante del pigmento melanico che avrebbe la funzione di sostituire gli enzimi antiossidanti epatici, inattivi durante la fase di ibernazione dell’animale. In tale periodo le cellule pigmentate del fegato (cellule del Kupffer) aumentano di numero ed incrementano l’attività melanosintetica.
Il livello di attività del sistema varia con il variare delle stagioni, raggiungendo alti livelli in inverno: le variazioni quantitative di melanina presentano ritmi circannuali e sono correlati negativamente con la temperatura ambientale.
La ciclicità dell’attività del sistema melanogenico indica che deve esserci una correlazione con gli stati fisiologici e nello stesso tempo fornire una pronta risposta ai diversi fattori metabolici e ambientali e suggerisce l’importanza della presenza/assenza della melanina in precisi periodi dell’anno. Di qui l’importanza che ne deriverebbe di una migliore conoscenza dell’organizzazione del sistema che regola la melanogenesi delle cellule di Kupffer.La tirosinasi è l’enzima limitante nella melanogenesi, catalizza i primi due steps del pathway della melanina; è una proteina transmembrana glicoproteica, contenente rame, che va incontro ad maturazione postraduzionale prima di raggiungere la membrana melanosomiale.La presenze dell’attività tirosina idrossilasica è stata rivelata seguendo la formazione del dopacromo (un prodotto intermedio della sintesi della melanina) alla lunghezza d’onda di 475nm (Gallone et al., 2007). Dal momento che precedentemente era stato già dimostrato che il rame agisce come attivatore dell’attività dopaossidasica nei melanosomi epatici, si è proceduto alla misurazione dell’attività tirosina idrossilasica con il metodo del dopacromo in presenza di ioni rame. E’ stato registrato che i livelli di attivazione dipendono dal tempo di incubazione, dalla temperatura, dalla concentrazione dell’attivatore, e soprattutto dal periodo dell’anno in cui è stata effettuata l’estrazione proteica.
Per controllare la specificità dell’attivazione sono stati eseguiti controlli quali l’incubazione con la catalasi, di questi estratti proteici, che, non inibisce la reazione enzimatica, escludendo perciò la possibilità che si possa registrare un’attività perossidasica e non tirosina idrossilasica. La ricerca dell’attività TH sugli estratti melanosomiali mostra invece una certa corrispondenza con l’attività dopaossidasica, relativamente ai periodi di attività di quest’ultima. L’utilizzazione di un estratto crudo pone il problema della coesistenza di attività enzimatiche che possono interferire con la tirosinasi, inclusa la perossidasi che è in grado di catalizzare l’attività tirosina idrossilasica in diversi sistemi quali per esempio gli eosinofili umani e neuroni, cosi’ come le cellule murine di melanoma. Lo studio della funzione e della regolazione di questo particolare sistema melanogenetico di Anfibi ci potrà fornire un contributo ad una migliore e più ampia conoscenza del pathway biosintetico delle melanine e ad una maggiore comprensione della complessa evoluzione dei più recenti sistemi melanogenetici, tra i quali i melanociti, e degli aspetti patologici della melanogenesi. E’alquanto bizzarro supporre, nonostante le verifiche sperimentali lo impongano, che esisterebbero tre enzimi diversi che funzionano utilizzando in vivo lo stesso substrato; sarebbe ragionevole supporre, vista l’economia che è alla base dell’evoluzione molecolare, che siano tre facce enzimatiche della stessa medaglia che a seconda degli stimoli esterni, quali cambiamenti climatici ed piu’ propriamente interni, quali ormonali, reagiscano differentemente attivandosi ed escludendosi a priori e vicendevolmente. La letteratura non è assolutamente carente di lavori tesi a porre una relazione tra ormoni sessuali e melanocita, ma sfortunatamente parecchie osservazioni sono contradditorie, probabilmente per mancanza di uno studio sistematico dell’argomento; considerando la questione che poco o nulla si sa circa l’effettivo ruolo della produzione delle melanine del fegato.Per esempio negli animali inferiori la tiroide riveste tutta la sua importanza nel mantenere la normale pigmentazione melanica. La tiroxina è in grado di causare un’aggregazione dei granuli di melanina nei melanofori del derma della rana. Nei pesci i preparati di tiroide possono causare uno schiarimento della pelle. L’ipertiroidismo dell’uomo è spesso accompagnato da un’aumentata pigmentazione, mentre i pazienti ipotiroidei accompagnati da mixedema sono abitualmente pallidi. I risultati dell’effetto del testosterone sulla pigmentazione melanica, sia nell’uomo che negli animali, possono essere suddivisi in due categorie contrastanti: effetto favorente la pigmentazione in casi di somministrazione per via generale, effetto nullo per applicazione locale. Gli eunuchi di pelle chiara si abbronzano pochissimo e ciò starebbe a indicare un qualche ormone sessuale maschile in grado di controllare la melanogenesi. Non esistono dati disponibili sugli eunuchi di pelle scura. Questi ormoni sono rappresentati dal testosterone e dai suoi metaboliti, e sono attivi in tal senso sia nel maschio che nella femmina in seguito ad esposizione a raggi UV, capace di stimolare l’attività mitotica dei melanociti, ma il loro aumento numerico non si verifica se gli occhi vengono protetti contro la luce (Rosdahl, 1979).Ciò significa che gli occhi, attraverso i nervi ottici, trasmettono lo stimolo luminoso al lobo intermedio dell’ipofisi che libera l’MSH. L’MSH appartiene a una famiglia di ormoni peptidici, come l’ACTH o adrenocorticotropo, l’LH o a-lipotropina, le endorfine, l’encefalina e altri ancora, derivati tutti quanti da una proteina che rappresenta l’antenato comune, la propiomelanocortina. In condizioni fisiologiche l’uomo adulto sembra non possegga MSH circolante. Tuttavia è ormai certo che l’a-MSH è presente nel sistema nervoso centrale, specialmente nell’area dell’ipotalamo in connessione con l’ipofisi. Sia nell’uomo che negli animali l’a-MSH può giocare il ruolo di neuropeptide in tutta una serie di funzioni fisiologiche non correlate con la pigmentazione, come l’aumento della motivazione e della capacità di apprendere, lo stato di veglia, la crescita del feto, l’eccitamento sessuale. Sia l’applicazione locale che sistemica di estrogeni è in grado di incrementare la pigmentazione cutanea, però impiegando solo piccole dosi di ormone, in quanto dosi elevate ottengono effetti meno marcati. Per esempio a carico delle piume del collo delle femmine giovani di Livorno dorata l’estradiolo determina la formazione di un pigmento marrone rosato, impropriamente definito melanina. Questa formazione di pigmento è stata messa in relazione all’attività tirosinasica e può essere inibita dalla cicloeximide e dalla puromicina a dosaggi in grado di inibire la sintesi proteica. Per il progesterone applicato localmente e per via sistemica si può dire quanto già detto a proposito degli estrogeni, salvo che dosi elevate ottengono un effetto contrario. Si tratta di un classico esempio di effetto dose-dipendente, che potrebbe spiegare la contradditorietà apparente dei risultati descritti dai vari autori. Pertanto, in aggiunta al patrimonio genetico individuale, il controllo della melanogenesi si svolge anche sotto controllo androgenico, melanocitostimolante e ultravioletto. Cosa effettivamente fa l’accumulo di melanina nella nostra grande ghiandola epatica? È mica lo scavenger dei residui catabolici ormonali degli ormoni derivanti dal colesterolo? Ai posteri la risposta!
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