Forum

Nome Utente:
Password:
Riconoscimi automaticamente
 Tutti i Forum
 MolecularLab
 Farmacologia e Chimica Farmaceutica
 Funzionamento microdialisi
 Nuova Discussione  Rispondi Aggiungi ai Preferiti Aggiungi ai Preferiti
Cerca nelle discussioni
I seguenti utenti stanno leggendo questo Forum Qui c'è:

Aggiungi Tag Aggiungi i tag

Quanto è utile/interessante questa discussione:

Autore Discussione  

bianca86
Nuovo Arrivato

Prov.: caserta


5 Messaggi

Inserito il - 02 ottobre 2009 : 14:48:05  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di bianca86 Invia a bianca86 un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Salve a tutti!sono iscritta da poco,studio biotecnologie a caserta,questo è il mio primo mess.qualcuno saprebbe dirmi come funziona la microdialisi?

-maddy-
Nuovo Arrivato

Città: cagliari-torino


50 Messaggi

Inserito il - 08 ottobre 2009 : 21:16:59  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di -maddy- Invia a -maddy- un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
ma ti riferisci a quella utilizzata per gli studi di neuroscienze?
se così fosse, eccoti 1 pò di info:

Sviluppo della Microdialisi
Fino all’avvento della microdialisi gli studi di neurochimica venivano condotti postmortem, in vitro. L’analisi delle funzioni biochimiche dell’organismo ha implicato per molto tempo il campionamento di sangue o la dissezione di un tessuto. Tuttavia, l’analisi del sangue non sempre riflette i numerosi eventi che avvengono nelle cellule o negli organi e il tessuto dissezionato presenta una situazione statica, un misto della chimica di ciascuno degli organelli, delle cellule e del liquido extracellulare. Per questi limiti delle tecniche in vitro e in parte a causa della necessità di correlare le variazioni neurochimiche al comportamento, intorno agli anni ’60 la ricerca di una metodologia neurochimica per lo studio dei neurotrasmettitori in vivo ha subito un impulso notevole. In quegli anni vi furono numerosi tentativi di trovare una tecnica che consentisse l’analisi dell’ambiente extracellulare nel cervello intatto. Molte di queste tecniche (perfusione ventricolare, coppette corticali, push-pull cannula) a causa delle loro notevoli limitazioni non hanno avuto un grande impiego nelle neuroscienze. Solo nel 1966 Bito e i suoi collaboratori trovarono il modo per interagire con l’ambiente extracellulare in modo semplice ed efficace. Questi ricercatori furono i primi ad impiantare un “sacco dializzante” contenente una soluzione salina con destano al 6%, nel tessuto sottocutaneo del collo e nel parenchima degli emisferi cerebrali nel cane. Dieci settimane dopo rimossero chirurgicamente il “sacco” e analizzarono il suo contenuto in aminoacidi. Questi esperimenti pionieristici introdussero il concetto di un compartimento racchiuso da una membrana dializzante in equilibrio con l’ambiente extracellulare. Tuttavia, l’intento non era quello di seguire le variazioni nel tempo ma di eliminare le fluttuazioni fisiologiche e raggiungere una concentrazione misurabile della sostanza di interesse.
Nel 1972 Delgado e collaboratori svilupparono un “Dialitrodo” molto simile alla fibra da dialisi oggi in uso, che consisteva di due tubi in acciaio inossidabile saldati insieme a formare una cannula che terminava in una sacca microdialitica
Il Dialitrodo venne testato in vivo sulle scimmie. La visione originale di Delgado era molto vicina alla realtà di oggi: “questo sistema potrà fornire una nuova procedura diagnostica e terapeutica per ottenere informazioni neurochimiche da specifiche strutture cerebrali e per poter somministrare farmaci direttamente nel cervello”.
La microdialisi viene oggi comunemente impiegata per studiare la diffusione dei neurotrasmettitori dalle terminazioni nervose. Sottili tubicini da dialisi possono funzionare nel cervello come sottili vasi sanguigni ma al contempo sono privi della barriera ematoencefalica in quanto impiantati direttamente nel cervello. L’utilizzo di questa tecnica consente inoltre di correlare il comportamento dell’animale con le variazioni nelle concentrazioni extracellulari di diversi neurotrasmettitori nello spazio sinaptico. L’accoppiamento della microdialisi con tecniche analitiche abbastanza sensibili da misurare le sostanze endogene di interesse scientifico consentono di misurare virtualmente ogni sostanza presente nello spazio extracellulare.
La presenza della membrana dialitica che separa il tessuto oggetto di studio dalla soluzione fisiologica deputata alla raccolta delle sostanze, ha introdotto delle proprietà molto importanti alla tecnica rispetto ad altre tecniche precedenti quali la push-pull cannula..
In particolare:
- la perfusione risulta semplificata.
- Il danno tissutale è ridotto, in quanto non vi è contatto diretto tra il tessuto ed il liquido di perfusione.
- La presenza della membrana non permette a molecole ad alto peso molecolare di permeare nel perfusato. Questo protegge determinate molecole dalla degradazione enzimatica una volta che vengono raccolte dal tessuto. Inoltre, questo processo purifica il campione e rende possibile l’introduzione diretta dello stesso nello strumento analitico, per esempio un HPLC, consentendo così anche l’analisi on-line del campione raccolto.
- Introduce una barriera sterile tra il liquido di perfusione ed il tessuto da studiare. Per sterilizzare la fibra è sufficiente che l’esterno sia sterile e questo si ottiene con un bagno in soluzione alcolica. La possibilità di sterilizzare le fibre costituisce un vantaggio durante esperimenti cronici in animali grandi, sensibili alle infezioni, e riduce la necessità di utilizzare liquidi di perfusione sterili.
- La dimensione dell’area perfusa può essere variata modificando la lunghezza della membrana.
- La microdialisi può essere effettuata nel sangue o in cavità del corpo quali l’utero, la cavità peritoneale o la bocca.
- Le performance delle fibre da dialisi possono essere testate in vitro. Differenti fibre possono così essere comparate riguardo il recupero di una particolare sostanza per ridurre al minimo la variabilità dovuta a questo parametro.

La microdialisi è pertanto una tecnica che consente sia la raccolta che la somministrazione di sostanze in un dato tessuto. Le principali caratteristiche della microdialisi sono le seguenti:
- Consente un campionamento selettivo dal liquido extracellulare, contrariamente a quanto avviene nelle biopsie, o nelle dissezioni che raccolgono tutto il tessuto.
- Può essere effettuato localmente in quasi ogni organo e tessuto dell’organismo (incluso il sangue)
- Può essere effettuato nel tessuto intatto dell’animale vivo, sveglio e libero di muoversi, contrariamente ad altre tecniche quali fettine di tessuto o sinaptosomi.
- Rende possibile il campionamento continuo per ore o addirittura giorni in un singolo animale, cosa che, in aggiunta agli altri vantaggi, consente di diminuire il numero di animali utilizzati in un esperimento.
- Può essere utilizzata per raccogliere e/o per introdurre sostanze esogene o endogene nel tessuto. Per esempio, è possibile somministrare un farmaco per via sistemica e studiare la concentrazione del farmaco, gli effetti biochimici locali ed inoltre la risultante risposta fisiologica e comportamentale.
- La microdialisi consente di raccogliere un campione rappresentativo di tutte le sostanze presenti nel liquido extracellulare (purché queste attraversino la membrana dialitica), rendendole accessibili alle convenzionali tecniche analitiche.
- La sensibilità e la risoluzione temporale (capacità di ridurre i tempi di campionamento) delle sostanze raccolte è determinata dalla tecnica analitica impiegata.
- Studi sperimentali dimostrano che la microdialisi induce un danno minimo alla barriera ematoencefalica. Queste rende possibile: a) studiare la penetrazione di un farmaco nel cervello analizzando la concentrazione del farmaco nel perfusato; b) paragonare gli effetti dei farmaci somministrati per via sistemica o locale attraverso la fibra da dialisi.
Principi della microdialisi
La microdialisi è in principio, una tecnica molto semplice. Una membrana da dialisi tubulare viene inserita in un tessuto o posta in contatto con una superficie umida, ad esempio, una membrana mucosa. Il tubo viene perfuso con un liquido che si mette in equilibrio con il fluido all’esterno della membrana tramite una diffusione passiva in entrambe le direzioni
Secondo questo principio, le sostanze sono in grado di passare dal lato della membrana dove si trovano ad una concentrazione superiore, verso quello dove si trovano meno concentrate, fino al raggiungimento di un equilibrio dinamico nel quale non vi sarà più scambio netto di sostanze tra i due lati della membrana. Il grado di equilibrio è soggetto alle note leggi di chimica fisica.
La complessità della tecnica deriva dalle complesse interazioni tra la membrana dialitica, il liquido di perfusione, ed il tessuto circostante. Per poter comprendere al meglio come utilizzare la microdialisi e come interpretare i dati ottenuti è importante considerare gli eventi essenziali che si verificano durante questa interazione.

Danno tissutale
Durante i primi 30 minuti di perfusione che seguono l’impianto della fibra si verifica una rapida caduta nella concentrazione di numerose sostanze nel perfusato, dovuta, molto probabilmente, all’iniziale lesione del tessuto che induce a sua volta un eccessivo rilascio dai compartimenti cellulari di deposito, e al raggiungimento di una nuova situazione di equilibrio di molte delle sostanze extracellulari dovuto al drenaggio attraverso la fibra. Il grado di danno iniziale è fortemente influenzato dalla procedura chirurgica e può essere limitato avendo l’accortezza di inserire la fibra molto lentamente nel cervello.
Si osserva inoltre un periodo iniziale di malfunzionamento del tessuto che comporta un aumento nel metabolismo del glucosio, diminuzione nel flusso sanguigno, alterazioni nel rilascio dei neurotrasmettitori, etc. Questo periodo dura da circa 30 min a 24 h a seconda della funzione che si considera. Normalmente gli esperimenti vengono eseguiti quando la sostanza che interessa studiare ha raggiunto un livello “basale” nel perfusato. Numerosi esperimenti di controllo sono stati eseguiti per determinare la validità dei dati generati da diversi tipi di esperimenti di microdialisi. I risultati di questi esperimenti suggeriscono che gli elevati livelli iniziali sarebbero dovuti al danno tissutale indotto dall’impianto della fibra e che la diminuzione successiva è dovuta alla normalizzazione. Questa interpretazione è supportata dall’osservazione che per i neurotrasmettitori, che sono depositati in concentrazioni intracellulari relativamente elevate, si osservano marcati aumenti in seguito all’impianto della fibra, mentre per altre sostanze metaboliche l’aumento non è così evidente. Un'altra osservazione a supporto di questa ipotesi è l’evidenza che il raggiungimento dei livelli basali è inversamente proporzionale alla grandezza del tessuto dove la fibra viene impiantata; nel cervello umano, infatti, dove la fibra è relativamente molto piccola i livelli basali si raggiungono dopo solo 10-20 min dall’impianto.
Il danno associato all’inserimento della fibra è importantissimo per determinare il tempo necessario perché le sostanze presenti nel perfusato raggiungano i livelli basali e rispondano in maniera adeguata a varie manipolazioni quali la diminuzione del Ca2+ nel liquido di perfusione o il blocco dei canali al Na+.
Un problema correlato all’impianto della fibra è valutare per quanto tempo si possono utilizzare le fibre una volta inserite nel cervello. Questo tempo varia a seconda delle sostanze che si misurano, ma anche a seconda dei laboratori nei quali vengono effettuati gli esperimenti, e soprattutto è dipendente dal danno tissutale associato all’inserimento della fibra: maggiore sarà il danno e maggiore sarà anche la reazione gliale intorno alla fibra che limiterà notevolmente il recupero delle sostanze attraverso la fibra stessa.

Diffusione e recupero
Il passaggio delle sostanze dal fluido extracellulare alla fibra da microdialisi è regolato dal principio della diffusione lungo un gradiente di concentrazione logaritmica dentro e fuori dalla fibra. La direzione del gradiente dipende dalla composizione del liquido di perfusione, che quindi influenza la composizione del fluido extracellulare nelle immediate vicinanze della fibra. Per esempio, se il Ca2+ viene escluso dal liquido di perfusione, il fluido extracellulare che circonda la fibra viene privato del Ca2+, impedendo la trasmissione sinaptica. Al contrario, se si include una sostanza nel liquido di perfusione, questa può passare attraverso la fibra secondo gradiente di concentrazione e ritrovarsi così nel fluido extracellulare. Questo implica che la composizione del liquido di perfusione deve essere il più vicino possibile alle concentrazioni fisiologiche dei componenti essenziali del fluido extracellulare.
Il recupero delle sostanze dal fluido extracellulare dipende poi dalla lunghezza della fibra da dialisi, dalla velocità del flusso del liquido di perfusione, dalla velocità di diffusione delle sostanze (che dipende dalla capacità delle sostanze di diffondere attraverso il parenchima del tessuto e dalla loro eliminazione attiva dal tessuto tramite ricattura da parte delle cellule e dei capillari sanguigni), e dalle proprietà della membrana dializzante (il recupero delle sostanze è lo stesso in entrambe le direzioni).

Rilascio del neurotrasmettitore
Una questione cruciale da risolvere è se il neurotrasmettitore che si trova nel perfusato rifletta realmente il rilascio sinaptico o sia il risultato di un flusso non specifico di sostanza da fonti sinaptiche ed extrasinaptiche. Numerosi esperimenti condotti per validare il metodo, hanno dimostrato che il blocco della proteina di reuptake della dopamina o della noradrenalina induce un aumento dei livelli di neurotrasmettitore nel perfusato, mentre stimolando gli autorecettori si osserva una diminuzione di monoamine. Inoltre, la perfusione con TTX, che blocca i canali al Na+, induce una diminuzione di acetilcolina, dopamina, e noradrenalina. L’eliminazione del Ca2+ dal liquido di perfusione diminuisce i livelli di dopamina, acetilcolina e serotonina. Sebbene tutti questi dati suggeriscano fortemente che la fibra da dialisi recuperi le sostanze derivate dal rilascio sinaptico, non sono tuttavia sufficienti a provare che questo flusso sia quantitativamente correlato al rilascio neuronale.

Concentrazione extracellulare “reale”
Un altro problema fondamentale è quello di definire la relazione tra la concentrazione delle sostanze nel dializzato e la loro concentrazione nel fluido extracellulare. Nonostante i numerosi tentativi di estrapolare questa concentrazione dai valori di recupero in vitro delle fibre, i valori ottenuti non si possono ritenere corretti in quanto i coefficienti di diffusione delle sostanze sono troppo differenti tra l’acqua (utilizzata per calcolare il recupero in vitro) ed il tessuto. La migliore stima delle concentrazioni extracellulari si ottiene dagli esperimenti in vivo, variando il flusso del liquido di perfusione, misurando la quantità di sostanza recuperata alle diverse velocità di flusso, ed estrapolando il valore per la condizione di flusso zero. Alternativamente si può calcolare la concentrazione extracellulare perfondendo la fibra con concentrazioni crescenti della sostanza in esame e calcolando il punto di equilibrio, quel punto cioè nel quale la concentrazione della sostanza nel dializzato non cambia in quanto è la stessa del liquido extracellulare. Entrambi questi metodi in vivo richiedono che la concentrazione della sostanza da misurare nel liquido extracellulare rimanga costante per tutta la durata dell’esperimento e con la maggior parte dei neurotrasmettitori questa condizione non è semplice da ottenere.
Un terzo metodo è quello di utilizzare nel perfusato una sostanza di riferimento che non sia presente nel liquido extracellulare. Il metodo si basa sul principio che il recupero della membrana è lo stesso in entrambe le direzioni, per cui la perdita percentuale della sostanza di riferimento può costituire un indice attendibile della percentuale di sostanza endogena recuperata attraverso la fibra. Questo valore di recupero viene poi utilizzato per calcolare la concentrazione della sostanza nel fluido extracellulare.
Poiché la concentrazione delle sostanze nel dializzato è fortemente influenzata dalla diffusione delle stesse nel tessuto circostante la fibra, i metodi descritti risultano molto utili in particolari condizioni quali ad esempio la presenza di un edema, nelle quali il coefficiente di diffusione varia enormemente. Modificazioni del coefficiente di diffusione che si traducono in alterazioni nelle concentrazioni delle sostanze nel campione possono essere erroneamente interpretate come modificazioni nel rilascio, ed è pertanto importante avere a disposizione dei metodi che consentano di calcolare la concentrazione reale delle sostanze nel liquido extracellulare.

L’esperimento di microdialisi
Le fibre
Le fibre da dialisi rappresentano il modo migliore di inserire una membrana dialitica in un tessuto. Il loro design può variare in funzione del loro utilizzo. Per coloro che preparano le proprie fibre da soli, la facilità della preparazione è sicuramente una caratteristica importante, mentre per quelle che si trovano in commercio la riproducibilità e la durata diventano le principali qualità. Ogni fibra deve avere un recupero abbastanza buono da consentire al metodo analitico che si accoppia alla microdialisi la misurazione delle sostanze presenti nel dializzato, devono avere un diametro abbastanza ridotto per limitare al massimo inutili danni al tessuto, ed un design che ne consenta l’inserimento nel tessuto di interesse.
Negli esperimenti di microdialisi cerebrale si utilizzano essenzialmente tre diversi tipi di fibre: concentriche, ad U, e orizzontali
(a tal proposito non ti metto la loro descrizione particolareggiata...)
È stato osservato che l’inserimento della fibra microdialitica, sia orizzontale che verticale, induce un aumento nel rilascio di dopamina che, per le 3 ore successive all’impianto, è indipendente dalla concentrazione extracellulare di Ca2+ e insensibile alla tetrodotossina (TTX). Superato questo periodo “critico” la concentrazione extracellulare di neurotrasmettitore diventa Ca2+-dipendente e TTX-sensibile. Queste caratteristiche suggeriscono che l’aumento che si osserva nelle prime tre ore non è dipendente dall’attività neuronale, ma è dovuto alla lesione delle terminazioni nervose che si verifica in seguito all’impianto. La lesione conseguente all’inserimento delle fibre è un dato importante di cui bisogna tenere conto nella progettazione di un esperimento di microdialisi. In alcuni laboratori, infatti, le fibre verticali vengono impiantate nell’animale subito prima dell’esperimento, e questo può portare a marcate differenze nei risultati sperimentali tra diversi laboratori. Nella progettazione di un esperimento quindi, specifici criteri dovrebbero essere applicati per valutare la tecnica microdialitica più appropriata.

L’inserimento delle fibre da dialisi nel cervello è reso possibile dall’utilizzo di uno strumento ad alta precisione chiamato stereotassico. Questo strumento consente il bloccaggio del cranio dell’animale tramite due sbarrette orizzontali da inserire nelle orecchie ed un morsetto che fissa il muso. Il cranio così bloccato può essere fissato ad una inclinazione prefissata. Nello stereotassico sono presenti tre assi graduati che forniscono le coordinate tridimensionali delle misure del cranio. In base a queste misure, prendendo come riferimento l’inserzione tra le suture delle ossa parietali con le temporali (bregma) si ottengono da atlanti anatomici, le coordinate di tutte le strutture cerebrali sottostanti. La fibra può quindi essere inserita con elevata precisione nell’area di interesse con un danno minimo per l’animale.

Una volta che la fibra è stata inserita nel cervello, entrambe le estremità (in ingresso ed in uscita) vengono collegate a dei sottili tubicini di materiale plastico, che consentono il passaggio del liquido di perfusione da e verso la fibra. Il liquido di perfusione viene spinto a flusso costante attraverso la fibra da una pompa da perfusione. Il campione può essere raccolto manualmente dall’operatore e analizzato immediatamente o si può utilizzare un collettore di frazioni refrigerato. Una terza possibilità è quella di utilizzare un sistema per l’analisi on-line del campione che consiste nel collegare l’estremità in uscita della fibra direttamente all’iniettore dell’HPLC

La microdialisi può essere utilizzata in acuto sia in animali anestetizzati che in animali svegli nei quali le fibre o le cannule guida siano state impiantate in precedenza. L’utilizzo di animali anestetizzati è più adatto per esperimenti complicati con più di una fibra da dialisi, o con cannule per la somministrazione locale di sostanze, o con elettrodi per la registrazione o in esperimenti che richiedono una parziale dissezione, quali ad esempio l’esposizione del midollo spinale o di un nervo periferico. L’esperimento su animali anestetizzati dovrebbe essere condotto mantenendo costanti le condizioni fisiologiche dell’animale, controllando quindi l’anestesia, la respirazione, l’idratazione e la temperatura corporea.
Il vantaggio di utilizzare per la microdialisi animali svegli e liberi di muoversi è che si evita la possibile interazione tra l’anestetico utilizzato ed i farmaci che si testano. Inoltre, è possibile valutare contemporaneamente le modificazioni neurochimiche e le variazioni comportamentali ad esse associate. Un inconveniente di utilizzare animali svegli è che il rilascio di neurotrasmettitori in essi è estremamente sensibile ad ogni tipo di influenza esterna a partire dallo stress dell’impianto della fibra fino alla reazione ad un ambiente nuovo. Perciò bisogna che lo sperimentatore faccia molta attenzione ad eseguire gli esperimenti in un ambiente controllato e con animali non stressati per limitare al minimo le interferenze ambientali. È inoltre molto importante tener conto dei ritmi circadiani dell’animale ed eseguire gli esperimenti sempre nelle stesse ore del giorno. Anche le interferenze da parte dello sperimentatore devono essere limitate al minimo indispensabile.

Analisi chimica
I limiti della microdialisi sono solitamente imposti dalla sensibilità della tecnica analitica che viene accoppiata ad essa. Anche se le moderne tecnologie permettono di analizzare virtualmente ogni molecola che può essere raccolta nel dializzato (tramite HPLC con rivelatore elettrochimico, a fluorescenza, UV, o con la spettrometria di massa) esistono ancora delle tecniche come il RIA, utilizzate per la misurazione di piccoli peptici o di steroidi, che hanno una bassa sensibilità. Un modo per compensare una sensibilità inadeguata è quello di aumentare il recupero, utilizzando una fibra la più lunga possibile ad allungando al massimo il tempo di campionamento. Se la tecnica analitica accoppiata richiede un maggiore volume di campione, come per esempio nel caso del RIA, si può aumentare il flusso di perfusione per aumentare il recupero assoluto. Se, al contrario, la tecnica richiede volumi ridotti, come per esempio l’HPLC con colonne capillari (microbore), si può ridurre il flusso per aumentare il recupero relativo (la concentrazione del campione).
Un terzo metodo consiste nell’aumentare le concentrazioni della sostanza da misurare con mezzi farmacologici, ossia aggiungendo al liquido di perfusione dei farmaci in grado di ridurre la degradazione enzimatica delle sostanze (es. inibitori delle colinesterasi per l’acetilcolina) o la ricattura da parte delle terminazioni nervose (inibitori del reuptake per la serotonina). L’aggiunta di queste sostanze è un compromesso indispensabile per lo studio di questi neurotrasmettitori che altrimenti non potrebbero essere misurati in alcun modo. Lo sviluppo di strumenti sempre più sensibili consentirà di ridurre l’utilizzo di queste sostanze fino ala loro completa eliminazione.
Tutti gli esperimenti di microdialisi dovrebbero concludersi con l’accertamento della posizione della fibra nel cervello. Questo può essere effettuato con semplici tecniche di istologia. Per localizzare in modo preciso la fibra essa viene perfusa con un inchiostro diffusibile, per esempio il Cresyl violetto, appena prima del sacrificio dell’animale.

Una volta ottenute le concentrazioni basali della sostanza da studiare (almeno tre campioni successivi nei quali la concentrazione della sostanza non varia più del 20%) si inietta il farmaco da studiare o si sottopone l’animale ad una situazione fisiologica (piacevole o spiacevole) della quale si vuole valutare l’effetto. Tutti i campioni successivi al trattamento vengono espressi come variazione percentuale rispetto alla media dei tre campioni basali che rappresentano quindi il 100%. In alternativa i dati possono essere espressi semplicemente in fmoli/campione.

spero sia quello che ti occorre...
Torna all'inizio della Pagina

bianca86
Nuovo Arrivato

Prov.: caserta


5 Messaggi

Inserito il - 09 ottobre 2009 : 11:01:59  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di bianca86 Invia a bianca86 un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
ciao maddy!grazie mille!!!!
Torna all'inizio della Pagina

-maddy-
Nuovo Arrivato

Città: cagliari-torino


50 Messaggi

Inserito il - 13 ottobre 2009 : 21:13:13  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di -maddy- Invia a -maddy- un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
figurati! è servito anche a me rivederla!
Torna all'inizio della Pagina
  Discussione  

Quanto è utile/interessante questa discussione:

 Nuova Discussione  Rispondi Aggiungi ai Preferiti Aggiungi ai Preferiti
Cerca nelle discussioni
Vai a:
MolecularLab.it © 2003-18 MolecularLab.it Torna all'inizio della Pagina