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nausica86
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0130_da_anna.spole


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Inserito il - 30 gennaio 2012 : 18:29:23  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di nausica86 Invia a nausica86 un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
CARATTERISTICHE DELLE CELLULE MALIGNE
• Rapporto nucleo/citoplasma aumentato
• Grandezza, forma abnorme con volumi molto superiori o molto inferiori rispetto alla norma
• Minore coesività
• Tendenza a conservare la funzione cellulare
• Quadro mitotico atipico
• Nucleolazione
• Variazione della differenziazione cellulare
Il rapporto nucleo/citoplasma deve essere sempre rispettato; in una cellula normale tale rapporto varia da 1:4 a 1:6, mentre nelle cellule maligne è a favore del nucleo. Quando si parla di irregolarità di forma del nucleo ci si riferisce al fatto che esso non è più rotondeggiante e vescicoloso ma ha una serie di incisure, di estroflessioni. Un’altra caratteristica è la presenza di un grosso incluso nel nucleo, ovvero il nucleolo. Può capitare che nei tessuti maligni ci si trovi di fronte a quelli che sembrano nuclei cosiddetti “nudi”, ovvero nuclei senza citoplasma, tuttavia non esistono cellule che abbiano un nucleo ma non un citoplasma, il nucleo in questi casi è esattamente quanto il citoplasma, ovvero essi sono in un rapporto di 1:1. Un nucleo che presenta due incisure viene chiamato nucleo a trifoglio, se le incisure sono 3 viene detto a quadrifoglio. Quando il nucleolo è molto evidente si dice che è prominente. Le cellule tendono a dissociarsi tra loro, non stanno più addensate l’una all’altra, questo è un vantaggio per lo studio citologico perché le cellule sfaldano più facilmente, tuttavia il rischio, in termini di biologia dei tumori, è la diffusione, per cui questa caratteristica favorisce il processo di metastatizzazione. Quando ci troviamo di fronte ad un gruppo di cellule da osservare, sono due le riflessioni che bisogna fare:
1. L’osservazione deve essere meticolosa: il vetrino va visto tutto procedendo o in senso trasversale o longitudinale.
2. Bisogna essere certi che quell’unica cellula tumorale che eventualmente troviamo non sia una contaminazione. Ad esempio, nell’atto della colorazione la vaschetta portavetrini non deve essere mai fatta urtare sul fondo del recipiente perché può capitare che urtando, delle cellule che eventualmente erano depositate sul fondo, con questo movimento violento, tornino in sospensione e si depositino sul vetrino. Poiché non possiamo essere certi che la cellula da noi isolata sia proveniente da un altro vetrino, se troviamo una sola cellula maligna nel nostro lavoro di screening è necessario chiedere una ripetizione anche se in genere basta una sola cellula per fare diagnosi. Le cellule maligne tendono a conservare la funzione svolta precedentemente, ovvero quando erano benigne.
Riferito ad un’immagine: è una cellula con più nuclei, ovvero un granuloma. Il granuloma è un aggregato di macrofagi attivati, vale a dire di cellule epitelioidi, di linfociti T e di cellule giganti che possono avere fino a 50 nuclei e che derivano dalla fusione di questi macrofagi. La malattia granulomatosa per antonomasia è la tubercolosi, anche se frequente è anche il granuloma da corpo estraneo. Queste sono tutte lesioni caratterizzate da un quadro infiammatorio di tipo cronico con la presenza di cellule giganti, macrofagi e linfociti. I macrofagi fagocitano per cui nel citoplasma delle cellule giganti si ritrovano dei neutrofili i quali al microscopio ottico vengono distinti perché hanno un nucleo multilobato; se i lobi sono 2 (si vedono come “pallini” neri), ci troviamo di fronte ad un eosinofilo. Se troviamo i neutrofili vuol dire che la cellula gigante è in attività macrofagica. Di ogni cellula c’è un corrispettivo maligno, quello del granuloma presenta nuclei grandi e irregolari e nel citoplasma ritroviamo ancora dei neutrofili; ciò vuol dire che la cellula fagocitava prima e lo fa ancora adesso, mantiene quindi la funzione. La mitosi è la manifestazione della proliferazione cellulare. Vedere una mitosi normale è un evento rarissimo. Riferito ad un’immagine: si vede una “macchia” rosa-arancio, è in realtà un globulo rosso. I globuli rossi non si vedono come dischi biconcavi, bensì come delle macchie irregolari rosa-arancio senza nucleo. La cellula normale è più grande del globulo rosso ma non di tantissimo; quando si osserva un tumore si vedono moltissime mitosi ma tutte irregolari, c’è quindi un quadro mitotico atipico. Ciò vuol dire che mentre nella mitosi normale ci sono i cromosomi che vanno ai due poli della cellula, qui abbiamo che quelli che dovrebbero essere i cromosomi (perché in realtà vediamo delle zolle di cromatina) si dirigono verso 3 poli della cellula; questa è una mitosi tripolare, ciò vuol dire che da una cellula madre invece di avere due cellule figlie che hanno lo stesso corredo cromosomico della madre, si hanno 3 cellule figlie ma con un corredo cromosomico aberrante: qui cominciano tutte le alterazioni genetiche che porteranno poi al processo di tumorogenesi. Abbiamo quindi delle mitosi tripolari, ma ci possono essere anche delle mitosi tetrapolari, anche se quelle che si ritrovano più frequentemente sono delle mitosi in cui sembra che il nucleo sia esploso, queste infatti si dicono “mitosi a scoppio”. Nei tumori, quindi, c’è sempre un quadro mitotico atipico. Se in una cellula si vede il nucleolo vuol dire che la cellula è in piena sintesi proteica, ovvero la cellula è metabolicamente attiva. Il nucleolo è però unico , piccolo, grossolanamente rotondeggiante. Una cellula tumorale è molto più grande di un globulo rosso e presenta più nucleoli. I nucleoli sono prominenti e irregolari per numero, forma e dimensione, questo prende il none di nucleolazione. Riferito ad un’immagine: si vede una formazione che sembra un nucleolo ma non lo è, questa formazione è appunto detta pseudonucleolo. Lo pseudonucleolo si ha quando il nucleo è forato, per cui quello che si vede è in realtà il citoplasma sottostante. Tale formazione nucleare è importantissima perché si trova, anche se non si sa bene il perché, solo in 4 tipi di tumore:
1. Carcinoma duttale della mammella (carcinoma più frequente della mammella e che colpisce l’epitelio dei dotti)
2. Melanoma maligno
3. Carcinoma papilliforme della tiroide (è uno dei 2 tumori più frequenti della tiroide)
4. Glioblastoma multiforme (il più aggressivo tra i tumori cerebrali)
Lo pseudonucleolo si trova quindi solo nelle cellule maligne di questi 4 tumori; cominciamo con l’escludere 2 di questi e più precisamente il carcinoma della mammella perché dà segno di sé o perché comunque forma un nodulo che si sente all’autopalpazione o facendo una mammografia di controllo etc, ed escludiamo il glioblastoma multiforme perché i tumori cerebrali non danno metastasi al di fuori del SNC. I restanti 2 tumori sono invece subdoli perché spesso si manifestano prima attraverso una metastasi e dopo si trova il tumore primitivo. Immaginiamo un paziente che si ritrova con una metastasi da melanoma, si va alla ricerca del tumore primitivo, del melanoma. I melanomi appaiono come nei con delle particolari caratteristiche, sono discromici, hanno margini irregolari e sono facilmente sanguinanti. Esistono però melanomi amelanotici che non hanno melanina, non sono pigmentati ma appaiono come cute normale. Esistono inoltre dei melanomi che crescono sotto il letto delle unghie e che sono quindi difficili da trovare come anche quelli che crescono a livello del cuoio capelluto. Quindi può capitare che un melanoma che non si trova dia segno di sé attraverso una metastasi; se noi troviamo questi pseudonucleoli possiamo dire al clinico che 2 sono le possibilità, o si tratta di un melanoma, o di un tumore alla tiroide il quale è altrettanto insidioso perché può dare metastasi anche 10 anni prima che il tumore si renda visualizzabile. Se il tumore primitivo non si trova si dice che è occulto. Altra immagine: pap test con cellule maligne, tuttavia, pur di fronte a tale melignità, c’è qualcosa che non quadra come l’infiammazione di fondo. Si tratta infatti di un’infezione da Herpes Virus e quello che sembrerebbe un nucleolo è in realtà un incluso virale. Ciò è stato dimostrato utilizzando anticorpi anti Herpes. Altra immagine: sembrerebbero delle cellule maligne ma vi sono delle perplessità date dal fatto che il nucleo sembra enorme, ci sono una cellula normale cilindrica, una cellula squamosa normale, per cui è strano che la cellula maligna si trovi tra 2 cellule perfettamente normali e poi il nucleo ha un aspetto un po’ granulare, si tratta di batteri che sono poggiati sulla cellula quindi non si tratta di una cellula maligna. Altra immagine: vi sono 2 cose che non quadrano, ovvero c’è un alone violaceo e poi sembra che vi sia una deposizione concentrica di qualche cosa, si tratta in realtà di calcificazioni, ovvero di depositi di calcio, magnesio etc che possono essere intra o extra cellulari. Altra immagine: pap test in cui si vedono una cellula con nucleo nudo, un’altra con nuclei che sembrano spaccati, un’altra con un nucleo grande, per cui sembrerebbe che ci sia un cancro, questo se non avessimo saputo che la donna stava facendo un trattamento chemioterapico per un cancro della mammella. La chemio e la radioterapia inducono delle alterazioni che simulano il cancro, per cui se noi non sappiamo questo facciamo diagnosi di cancro, ecco l’importanza della scheda di accompagnamento nella quale vi devono essere anche tutti i dati clinici per evitare un errore da parte del citopatologo. Altra immagine: nucleo brutto, con zolle irregolari, questa è una modificazione da radioterapia. Altra immagine: espettorato con un corpo di Creola presente in tutti i pazienti con asma, per cui se non so che il paziente soffre di asma si fa diagnosi di adenocarcinoma del polmone. Altra immagine: espettorato di un paziente con rischio, con sospetto clinico di cancro del polmone. Osservando l’espettorato le cellule sembrano maligne, tuttavia affianco a queste cellule chiaramente maligne c’era del materiale amorfo dalla forma quasi geometrica, esagonale, che non si capiva cosa fosse. Si chiede una ripetizione dalla quale non emerge più niente, né cellule maligne, né materiale amorfo. Si scopre che il paziente la prima volta che aveva fatto l’espettorato non si era sciacquato la bocca e che la sera prima aveva mangiato verdure, per cui le cellule osservate nel primo espettorato erano in realtà cellule vegetali e quella formazione amorfa era cellulosa. Altra immagine: espettorato in cui appare tessuto muscolare, il paziente aveva mangiato carne e non si era sciacquato la bocca. Altra immagine: espettorato in cui vi sono delle piccole celle maligne. Vi è un capitolo dei tumori che è quello dei tumori a piccole cellule, questi sono solitamente infantili, tuttavia esiste anche un tumore a piccole cellule del polmone detto microcitoma polmonare, per cui osservando l’espettorato si fa diagnosi di tumore a piccole cellule del polmone. Si scopre poi che il tecnico che aveva montato i vetrini aveva lasciato le finestre aperte e quello che si vedeva era in realtà polline. Altra immagine di pap test: guardando a piccolo ingrandimento sembrerebbe di trovarsi di fronte a cellule maligne con nuclei neri, in realtà si tratta del borotalco dei guanti del ginecologo. Altra immagine: espettorato in cui si vede una specie di clessidra nera e cellule con granuli scuri, queste ultime sono in realtà le cosidette “cellule della polvere”, ovvero macrofagi che ripuliscono i polmoni; la specie di clessidra è in realtà un corpo di asbesto o amianto. Altra immagine: si vede una specie di fiore rosa sul fondo dei preparati, si tratta in realtà di mucina. Altra immagine: striscio di cute in cui si vede un pigmento giallo-marrone, si tratta di melanina. Altra immagine: cellule in degenerazione nel cui nucleo si vedono dei corpi che sono in realtà granuli di lipofuscina i quali sono segno di senescenza cellulare. Altra immagine: è possibile che in un pap test si osservino corpi grigiastri che hanno al centro una specie di semiluna color vinaccio, si tratta di patogeni che si depositano sulle cellule, ovvero i Trichomonas, dei flagellati; l’incluso violaceo è il blefaroblasto ovvero il punto di inserzione del flagello. Altra immagine: i funghi si intravedono con la colorazione di Papanicolau o con l’ematossina-eosina, vi sono poi metodi di colorazione speciali tra cui il metodo di impregnazione argentica Gropot. Le ife e le spore dei miceti appaiono colorate in nero (perché gli ioni argento vengono ossidati ad argento metallico che precipita dando colore nero). Un fungo che si può osservare è l’aspergillus fumigatus. I funghi come la candida, l’aspergillo,in genere sono saprofiti. In particolari condzioni come ad esempio in pazienti debilitati dopo lunghe terapie con cortisonici o antibiotici, in pazienti terminali, in pazienti con AIDS, questi funghi diventano patogeni. In particolare, l’aspergillo si riconosce perché ha le ife che si diramano dicotomicamente ad angolo acuto (ovvero da una, due) per cui si formano delle specie di infiorescenze sempre ad angolo acuto tra loro. Esempio: caso di un’infezione fungina del cervello di una bambina nata pretermine a 28 settimane e con un distress respiratorio, ovvero con difficoltà respiratorie perché i polmoni non erano ancora ben sviluppati. Questa bambina è stata poi intubata e probabilmente a livello del boccaglio dell’intubazione c’erano delle ife o delle spore di aspergillus e poiché la bambina, dato che era nata pretermine, non era ancora immunocompetente, è morta per diffusione dell’aspergillus a tutti gli organi interni, compreso il cervello.
Altra immagine di pap test: si vedono uova di ossiuri, di vermi, a causa di una scarsa igiene che ha portato ad una contaminazione dal retto alla cervice. Altra immagine di pap test: si vedono pidocchi dei peli pubici. Altra immagine: preparato di cervello autoptico. Si vedono delle palline che in realtà sono amebe. L’ameba è un parassita solitamente intestinale. L’amebiosi in Europa non è molto frequente, si tratta di parassitosi intestinale, per cui che ci fa l’ameba nel cervello? In Europa e in Italia esiste una forma di infezione cerebrale chiamata meningoencefalite primaria fulminante,ovvero di un’infiammazione sia delle meningi che del cervello che colpisce adolescenti e adulti sani dopo un’immersione in piscina; questi ultimi dopo 48h vanno in coma e dopo 72h muoiono. Tutto ciò perché le amebe proliferano sui bordi delle piscine in cui non vi è un’accurata igiene e raggiungono il SNC: non c’è cura. Altra immagine: è necessario sempre descrivere tutto ciò che si vede, perché c’è una voce nelle cartelle in cui si parla di descrizione microscopica. Questo è stato vero fino a circa 15 anni fa. L’immagine si riferisce ad un pap test in cui si vedono spermatozoi, in passato anche se tale presenza non influenzava la diagnosi veniva comunque segnalata nella descrizione microscopica. Questo fino a quando un professore segnalò la presenza di spermatozoi nella descrizione microscopica di un pap test la cui proprietaria era una suora che lo denunciò. Il professore perse la causa perché è stato impossibile dimostrare che non vi sia stato uno scambio di vetrini. Oggi quindi la presenza di spermatozoi viene totalmente ignorata.
LA FISSAZIONE
E’ il processo che mira a conservare quanto più vicino al naturale la forma, la morfologia e la localizzazione dei costituenti chimici della cellula. Il primo step è dato dalla colorazione routinaria, Papanicolau, ematossilina-eosina. Talvolta si rende però necessario fare colorazioni speciali o metodiche immunoistochimiche, per cui la fissazione non deve alterare quelli che sono i costituenti chimici della cellula i quali ci potrebbero servire per ulteriori valutazioni. Principio: è una reazione chimica che determina la denaturazione dell’impalcature proteica senza determinarne la degradazione. Potrebbe capitare di avere uno striscio e di non avere fissativo, in questo caso bisogna ricordare che:
1. La lacca per capelli fissa benissimo
2. Sia per l’istopatologia che per la fisiopatologia il liquore fissa benissimo, più alta è la gradazione alcoolica, migliore è la fissazione.
Supponiamo di avere uno striscio di materiale citologico e di non avere né fissativo, né lacca per capelli, né liquore. Entro quanto tempo si deve mandare ad un servizio di anatomia patologica prima che si deteriori? Tale intervallo di tempo dipende da una serie di parametri:
• pH;
• crescita batterica (presenza o meno di batteri);
• contenuto proteico;
• attività enzimatica.
Supponiamo di avere un espettorato o un lavaggio bronchiale o comunque un materiale mucoso e di non avere fissativo; questo si può conservare da 12 a 14h se refrigerato. Il tempo è così lungo perché il muco protegge le cellule dalla degenerazione. L’importante è metterlo in frigo perché la refrigerazione rallenta la crescita dei batteri. Quando abbiamo il fissativo, di qualunque tipo si tratti, bisogna ricordare che questo tra le sue azioni ha anche quella battericida per cui tutto quello che è fissato può stare a temperatura ambiente, mentre tutto quello che è fresco deve essere refrigerato per rallentare la crescita batterica.
In caso di materiale ad alto contenuto proteico, ovvero come nel caso del versamento pleurico, pericardico, se non abbiamo fissativi abbiamo fino a 2 giorni di tempo se il materiale è refrigerato perché le cellule è come se fossero immerse in un mezzo di coltura perché ci sono molte proteine che danno nutrimento alle cellule.
Se invece abbiamo un campione senza muco e con poche proteine come un campione di urine o di liquor, il tempo è molto più breve, 1 massimo 2 ore se refrigerato perché hanno un’intensa attività enzimatica che distrugge rapidamente le cellule.
Se ci capita di assistere ad una gastroscopia, se non abbiamo fissativo è bene non cominciare affatto perché in caso di materiale gastrico non abbiamo a disposizione neanche un minuto, ma addirittura i preparati dovrebbero essere allestiti in ghiaccio perché l’acido cloridrico distrugge rapidamente le cellule.

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Inserito il - 30 gennaio 2012 : 18:31:21  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di nausica86 Invia a nausica86 un Messaggio Privato  Rispondi Quotando

TECNICHE DI CITOPATOLOGIA
Un’accurata interpretazione del materiale citologico dipende da:
• Metodi di raccolta del materiale
• Fissazione e fissativi
• Preservazione dei campioni fluidi
• Preparazione del materiale per l’esame microscopico
• Colorazione e montaggio
La fissazione
La fissazione (l’abbiamo visto nella lezione precedente) è quel processo che mira a conservare forma, morfologia e localizzazione dei costituenti chimici della cellula; è un processo che ha i suoi tempi, mentre infatti per un citologico sono sufficienti pochi minuti, per un istologico ci vogliono ore, giorni, altrimenti si ha che la parte del campione che è venuta a contatto con il fissativo, con la formalina, sarà fissata, mentre quella centrale no. Un fissativo adeguato per citodiagnosi deve:
• Penetrare rapidamente
• Ridurre al minimo lo ”shrinkage” (raggrinzimento) delle cellule
• Mantenere l’integrità morfologica
• Inattivare gli enzimi autolitici
• Sostituire l’acqua cellulare
• Permettere la permeabilità ai coloranti
• Consentire l’adesione delle cellule alla superficie del vetrino
• Non interferire con eventuali metodiche successive
• Essere battericida (la degenerazione dipende infatti anche dalla crescita batterica)
• Essere riproducibile (dare risultati sovrapponibili)
• Rappresentare una documentazione cellulare permanente (ciò vuol dire che anche nel tempo si potranno osservare quelle cellule sempre allo stesso modo, un vetrino va infatti conservato per legge per 25 anni, per cui il fissativo deve essere in grado di agire per un lasso di tempo di almeno 25 anni).
In citologia si usano prevalentemente fissativi su base alcoolica tra i quali il più impiegato è l’etanolo, ovvero l’alcool etilico al 95%; è possibile però usare anche altri fissativi alcoolici equivalenti:
• Isopropanolo all’80%
• Propanolo 80%
• Metanolo al 100% (tossico)
• Alcool denaturato al 95% (quello rosso che si trova comunemente in commercio) che è formato da 90 parti di etanolo al 95%, da 5 parti di metanolo assoluto e da 5 parti di isopropanolo assoluto.
La fissazione deve essere immediata, ciò è indispensabile soprattutto per studiare il dettaglio nucleare perché è quello che serve per fare la diagnosi di benignità/malignità. Quando alcuni prelievi vengono fatti dai clinici, può capitare che la fissazione non immediata comporti delle difficoltà nella lettura, per cui è sempre bene mantenere un filo diretto con i clinici per poter dire loro di avere particolare cura nel rispetto dei tempi immediati di fissazione.
SPESSORE DELLO STRISCIO
Lo striscio ideale è quello formato da un unico strato di cellule, ovvero quello che avremmo se avessimo a disposizione una sospensione di cellule; questa è una condizione ideale ma non è la realtà. L’importante è che lo striscio sia sottile e che il materiale sia strisciato su tutto il vetrino disponibile. E’ preferibile, quando lo striscio è spesso e quando non è fissato bene, non fare la diagnosi ma chiedere la ripetizione piuttosto che sbagliare la diagnosi.
USO DI LUBRIFICANTI
Soprattutto prima di un pap-test i lubrificanti non vanno assolutamente usati perché i residui di queste sostanze coprono le cellule che quindi non sono più visualizzabili.
ADERENZA DELLE CELLULE AL VETRINO
Il grado di adesione cellulare dipende dalla zona del corpo da cui il campione è prelevato e dalla condizione della zona stessa. Ad esempio tra un campione di urine e un espettorato aderisce meglio un espettorato perché ricco di muco e quindi più viscoso. Se ad esempio abbiamo un campione con una grave infiammazione ed un altro senza infiammazione aderirà meglio quello con infiammazione. Da questi esempi si vede come l’adesione dipende non solo dalla sede ma anche dalle condizioni del preparato. Per far aderire meglio le cellule al vetrino per determinati campioni come l’urina, può essere usata l’albumina di Mayer o anche il bianco d’uovo.
FISSATIVI
Le metodiche di fissazione sono riconducibili a 3 categorie:
1. Fissazione “wet”: consiste nell’immergere immediatamente un vetrino in una sostanza fissativa. Questo vetrino viene poi avviato alla colorazione oppure, se proviene da una clinica, viene mandato con tutto il liquido fissativo ad un laboratorio di citopatologia.
2. Fissazione “wet” con successivo “air-drying”: prima si immerge il vetrino nel liquido fissativo, poi dopo qualche minuto si solleva dal liquido fissativo e si fa asciugare all’aria prima di mandarlo al laboratorio di citopatologia. Il vantaggio di tale fissazione sta nel fatto che vi è maggiore facilità di invio: si manda solo il vetrino. Una volta che il vetrino è giunto in laboratorio deve essere completata la fissazione immergendo nuovamente il vetrino in etanolo al 95%.
3. Spray fissazione: è così chiamata perché vengono usate sostanze che si trovano sottoforma di spray. Tali sostanze vengono spruzzate sul vetrino e quest’ultimo viene avviato al laboratorio dove subisce un trattamento consistente in 2 lavaggi separati in etanolo al 95%. Il primo lavaggio serve a togliere i grossi residui del fissativo spray; questi residui sono glicoli polietilenici, ovvero sostanze simili alla cera. Il secondo lavaggio serve per completare la fissazione prima della colorazione. Gli spray fissativi (molto usati dai ginecologi) sono costituiti da una base alcoolica e da una sostanza che è appunto un glicole polietilenico il cui nome commerciale è carbowax. Il primo lavaggio, usato per rimuovere il carbowax deve durare 30 minuti; il secondo invece 10-15 minuti. Quando vi sono particolari condizioni climatiche, quando ad esempio c’è molto umido o molto caldo può essere utile fare un terzo passaggio in etanolo. Gli spray possono essere o tipo aerosol, cioè prevedono alla nebulizzazione della sostanza, o a spruzzo diretto. Sono preferibili quelli non aerosol. Prima di fare un pap-test bisogna accertarsi che non sia ostruito il foro di emissione dello spray perché il carbowax potrebbe facilmente ostruire quest’ultimo. Quando il fissativo spray è non aerosol bisogna spruzzarlo ad una distanza di 7-15 cm, mentre quelli aerosol vanno tenuti più distanti, ovvero a 15-20cm. Va sempre evitata la parte siglata del vetrino, questo perché lo spray potrebbe coprire l’identificazione del paziente. La cera in eccesso può essere eliminata con delle lamette ma in questo modo non va via solo la cera ma anche la sigla fatta con la matita , per cui va evitato di spruzzare il fissativo sulla parte siglata.
In un preparato citologico, quando vi sono molte emazie, queste possono coprire le cellule, in tal caso, in caso di strisci con molto sangue o perché fatti da una lesione che sanguina o perché fatti da organi che sono molto vascolarizzati (ad esempio la tiroide), bisogna usare dei fissativi lisanti, così chiamati perché vanno a lisare le emazie. In caso di campione con molto sangue è possibile o fissare normalmente e poi mettere il vetrino in una soluzione lisante, o usare direttamente un fissativo lisante, ciò dipende dalla disponibilità di materiale del nostro laboratorio. E’ necessario in ambo i casi allontanare il fissativo lisante perché danneggia le cellule, bisogna quindi sciacquare bene il campione. Dopo ogni uso bisogna cambiare tutte le soluzioni. Vi sono vari fissativi lisanti, il più conosciuto è il Carnoy’s che deve essere sempre preparato fresco ed è formato da etanolo assoluto, cloroformio e acido acetico glaciale in un rapporto di 6:3:1. La metodica può essere modificata (Carnoy’s modificato) usando etanolo al 95%, cloroformio e acido acetico glaciale nelle proporzioni di 7: 2.5: 0.5 oppure sempre gli stessi componenti ma nel rapporto 6:3:1, oppure solo etanolo al 95% e acido acetico glaciale nel rapporto di 6:1. La soluzione deve essere sempre preparata fresca perché dopo un intervallo di tempo non noto si forma acido idroclorico. Il Carnoy colora molto bene il nucleo e preserva il glicogeno.
Altri fissativi lisanti sono:
-Fissativo di Clarke formato da etanolo assoluto e acido acetico glaciale in un rapporto di 3:1.
-Una goccia di acido idroclorico concentrato per 500ml di etanolo al 95%.
-Solo acido acetico glaciale al 10% seguito da un’immersione del vetrino in etanolo al 95%.
-Soluzione di urea 2M che si ottiene sciogliendo 120g di urea in polvere per litro di acqua distillata.
NB. Per l’esame dobbiamo solo sapere a che cosa servono i fissativi lisanti, quali sono quelli più utilizzati e solo per il Carnoy che cosa prevede.

PROCEDURE (DA NON RICORDARE X L’ESAME!!!!!)
PROCEDURA 1 (vale quando si sceglie prima la fissazione normale e poi il fissativo lisante)
Fissazione in etanolo al 95% per 15-20 min. Dopo usare il Carnoy per 10 min. Ancora in etanolo al 95%..
PROCEDURA 2 (vale quando usiamo direttamente il fissativo lisante) Si lascia in Carnoy per 3-5 min finché il materiale che sta sul vetrino diventa meno colorato, dopo si procede con la fissazione in etanolo al 95%. Il punto nevralgico in questa seconda procedura sta nel fatto che l’essere meno colorato del materiale sul vetrino è soggettivo.
PROCEDURA 3 (si può usare se abbiamo a disposizione l’urea) Si fissa in etanolo al 95% per 5 min. Dopo si fa un’immersione di circa 30 secondi in una soluzione di urea 2 M.
PROCEDURA 4(si può usare se abbiamo a disposizione l’urea)
Fissazione in etanolo al 95% per 15-20 min. Immersione in soluzione di urea per 1 min.
Si può scegliere indifferentemente tra la procedura 3 o 4 a seconda di come ci è più comodo.
PROCEDURA 5
Se usiamo il fissativo di Clarke abbiamo 10-15 min e poi il risciacquo in etanolo al 95%.
Quando si fa un agoaspirato un vetrino si fissa immediatamente mentre un altro vetrino lo si lascia asciugare all’aria. In realtà la fissazione deve essere immediata perché solo questa ci dà dettagli nucleari necessari per fare diagnosi cancro/non cancro; talvolta è possibile, facendo delle colorazioni particolari, non fissare un vetrino ma lasciarlo asciugare all’aria ed utilizzare poi una colorazione come quella May-Grumwald-Giemsa. L’importante è fare sempre un vetrino che sia subito fissato; in aggiunta, se vogliamo avere dei dettagli sul citoplasma possiamo fare un vetrino asciugato all’aria e colorato non con una colorazione Papanicolaou ma con un’altra. Ci vuole in ogni caso congruenza tra colorazione e metodica di fissazione. Se ad esempio abbiamo un vetrino non fissato, questo non si colorerà con una colorazione Papanicolau.
Colorazioni che si usano quando il vetrino non è fissato sono la May-Grumwald-Giemsa, Diff-Quick, Wright-Giemsa. Quando, come nel caso di queste colorazioni, il vetrino viene fatto asciugare all’aria; una volta giunto in laboratorio il vetrino questo va poi immerso in un fissativo a base di metanolo sempre operando sotto cappa.
FISSAZIONE SECONDO SACCOMANNO
Esiste una fissazione per il materiale viscoso, ad esempio l’espettorato. Tale modalità è detta fissazione secondo Saccomanno. Tale fissativo è formato da acqua distillata, etanolo al 95% e carbowax. Come si prepara questo fissativo? La sequenza deve essere rigorosamente la seguente:
Prendere un cilindro dalla capacità di 1 litro e porvi prima l’acqua distillata (454 ml), poi l’etanolo al 95% (526 ml) e il carbowax 1540 (nome commerciale) sciolto (20 ml). Il carbowax è un glicole polietilenico al 2% in etanolo o isopropanolo al 50%. Agitare bene per permettere al fissativo di raggiungere le cellule circondate dal muco. Si prepara aggiungendo 2 ml di carbowax a 98 ml di etanolo al 50%. Questa miscelazione deve durare 30 minuti e deve avvenire a 56 oC per evitare che la cera si indurisca e, sempre per questo motivo, la vetreria deve essere preriscaldata. Questa soluzione di carbowax è anche una soluzione lisante, cioè se ci sono delle emazie queste vengono lisate. Il carbowax ha un punto di fusione tra i 43 ed i 46 oC, può essere miscelato con etanolo; per essere sciolto deve essere lasciato diverse ore in una stufa a secco a 80-100 oC. Il contenitore deve essere rigorosamente aperto altrimenti si gonfia ed esplode.
La tecnica di Saccomanno è quella che attualmente si usa in citologia. Questa tecnica prevede l’uso di un omogeneizzatore in quanto l’espettorato viene omogeneizzato e poi trattato. Prima invece era il tecnico che, osservando macroscopicamente l’espettorato, sceglieva la zona macroscopicamente sospetta prelevandola con una pinzetta e depositandola tra 2 vetrini, lavorandola, ovvero “sbattendola” tra i 2 vetrini fino a quando le cellule non erano ridotte ad una poltiglia biancastra che veniva strisciata e fissata. Questa tecnica però aveva una grande variabilità dipendente dalla scelta da parte del tecnico delle aree che, a suo avviso, erano sospette. Al contrario, la metodica di Saccomanno prevede l’uso di tutto il materiale.
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nausica86
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Inserito il - 30 gennaio 2012 : 18:32:23  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di nausica86 Invia a nausica86 un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
In pochi centri specializzati esistono nuove modalità di striscio per il pap-test che vanno sotto il nome di Liquid-Based-Cytology (LBC) e la strumentazione si chiama Thin Prep-Processor. Mentre con lo striscio tradizionale solo una parte del materiale viene strisciato sul vetrino con la nuova tecnica che è basata sulla sospensione, tutto il materiale raccolto viene sospeso in un liquido. le cellule in questo liquido rimangono stabili, possono essere conservate a temperatura ambiente per diverse settimane. Questa sospensione può essere trattata ulteriormente per eliminare l'eccesso di sangue prima che una piccola aliquota, che risulta essere significativa, venga poi strisciata sul vetrino. Quindi questa metodica consente l'allestimento del vetrino a partire da una sospensione di materiale.(vedere appunti perché ci ha fatto copiare uno schema). Il dispositivo usato per questo metodo è costituito da un tubo di plastica che ha un filtro ad una estremità. Il materiale viene ad es. prelevato dalla cervice uterina con una spatola di plastica e immersa in un liquido che serve per conservare e trasportare il materiale. In laboratorio arriveranno delle boccettine contenenti il liquido e la spatola. Ci sono tre step fondamentali in questo processo: il 1° step è quello di far girare vorticosamente la spatolina nel liquido in modo che le cellule adese ad essa vadano in sospensione. Il 2° step è quello della raccolta delle cellule che si opera con il tubo di plastica. Con il tubo si esercita una pressione negativa, per cui le cellule vengono aspirate e poiché all'estremità del tubo c'è il filtro, un lager di cellule vengono intrappolate in esso, mentre vengono selezionati ed eliminati elementi infiammatori ed emazie. Il flusso può essere monitorato e regolamentato in maniera da ottimizzare il processo. Il 3° step è quello del trasferimento, il filtro con le cellule intrappolate viene messo in contatto con il vetrino che è caricato elettronicamente. Le cellule passano quindi dal filtro al vetrino. Poiché il filtro è circolare le cellule saranno depositate sul vetrino in un area rotondeggiante che ha circa 2 cm di diametro con margini e spessore uniforme. Le cellule che vengono depositate sono circa 100.000, quindi abbiamo una buonissima cellularità. Gli aggregati risultano essere piccoli, perciò si osserva meglio il dettaglio nucleare e citoplasmatico e anche la colorazione risulta essere migliore. Il materiale residuo può essere utilizzato per studi successivi come l'immunocitochimica o anche per il controllo di qualità. Oggi se si fa un pap-test tradizionale, per fare l'immunocitochimica, l'immunoistochimica bisogna decolorare e successivamente fare l'immunoistochimica. Questo però non è l' ideale perché comunque la cellula subisce un danno mentre con la nuova metodica c'è sempre il materiale per fare queste altre indagini a completamento della diagnosi. Questa metodica permette l'osservazione di un gran numero di cellule in uno spazio limitato e una visione più chiara senza il disturbo di sangue o altro. L'osservazione dei vetrini allestiti in questo modo però, deve essere fatta da citologi in grado di riconoscere la morfologia di queste cellule che è completamente diversa dalla morfologia delle stesse in un vetrino allestito in modo tradizionale, vengono perciò organizzati dei corsi proprio per la lettura di questi preparati.
LE COLORAZIONI SPECIALI
Le colorazioni speciali si dividono in colorazioni istochimiche e istomorfologiche. Quelle istochimiche sono caratterizzate da una reazione tra colorante e substrato: le più usate sono quella di Feulgen utilizzata per il DNA, il Rosso Congo per l’ amiloide, la colorazione Pearls per il ferro, la Grocott per i funghi, il Blu di Toluidina x i mucopolisaccaridi, la Pas e la Pas diastasi x i polisaccaridi.
La colorazione di FEULGEN è una colorazione stechiometrica cioè con un rapporto quantitativo tra l'intensità della colorazione e la quantità. Essa colora il DNA ed è utile per i casi di ploidia.
Il ROSSO CONGO evidenzia l’amiloide che appare rifrangente, fluorescente e colorata in rosso mentre i nuclei risultano colorati in blu.
La PAS DIASTASI è basata sulla proprietà dell'acido periodico di ossidare alcuni gruppi che vengono trasformati dal reattivo di shift in un composto colorato e insolubile.
La colorazione di PAS è una colorazione abbastanza aspecifica perché colora anche altre sostanze come glicoproteine, cerebrosidi, mucoproteine, mono e polisaccaridi.
Per sapere se la sostanza colorata è effettivamente glicogena si associa in genere la colorazione di PAS con la colorazione di PAS DIASTASI. La diastasi è un enzima che digerisce selettivamente il glicogeno. Se si aveva prima una colorazione rossa che scompare con la diastasi vuol dire che la sostanza è effettivamente glicogena.
Coloranti Metacromatici: servono a dimostrare diversi composti, a seconda del composto che colorano danno una colorazione diversa.
La colorazione di PEARLS serve per colorare il ferro che viene evidenziato sotto forma di ferro cianuro che si ottiene tra una reazione di ferro ferrico e potassio ferrocianuro che in ambiente acido formano ferrocianuro ferrico. Quando lo si trova appare colorato in una tonalità di blu che viene detta BLU DI PRUSSIA.


GROCOTT
E’ un metodo di IMPREGNAZIONE ARGENTICA basata sull'ossidazione dei polisaccaridi dei funghi da parte dell'acido cromico, a gruppi aldeidici e sulla riduzione degli ioni argento in argento metallico.
COLORAZIONI ISTOMORFOLOGICHE
Le strutture diverse all'interno delle cellule, le diverse componenti all'interno del tessuto si colorano in maniera differenziata. Le più usate sono quelle che si adoperano tra l'atro quotidianamente e ad esempio una è la tricromica di Van Gieson quella usata x evidenziare il connettivo. Lo stesso colorante colora nello stesso momento nucleo in blu, connettivo in rosso e le fibre elastiche e muscolari in giallo e viene per questo detta colorazione tricromica. Poichè la soluzione di questa colorazione è acida conviene utilizzare l'ematossilina ferrica di Weigert. Questa colorazione si utilizza soprattutto sulle biopsie epatiche per evidenziare un degenerazione in senso cirrotico. La cirrosi è una proliferazione del tessuto connettivo che finisce x strozzare il parenchima il quale non funziona più. Ogni volta che c'è una biopsia epatica viene fatta la colorazione di Van Gieson. Se c'è una cirrosi, con il passare del tempo può instaurarsi una cancro cirrosi.
IMMUNOISTOCHIMICA
L' immunoistochimica è basata sulla reazione antigene-anticorpo. E' nata nel 1940 con l'immunofluorescenza utilizzando degli Ab diretti contro Ag tissutali ma coniugati con fluorocromi come la fluoresceina. I limiti dell'immunofluorescenza sono:
- richiede un microscopio a fluorescenza che ha costi elevati
- il segnale fluorescente decade con il tempo e non correla con la morfologia, ovvero si vede solo il segnale luminoso indipendentemente dalla morfologia. L' Ag sarà evidenziato sia su cellule normali che su cellule neoplastiche senza differenziarle.
All' immunofluorescenza si è preferita l'immunoperossidasi messa a punto nel 1960. Si utilizzano Ab coniugati a molecole che presentano il perossido di idrogeno e determinano l'ossidazione di un substrato incolore detto cromogeno, e quando si ha l'ossidazione si ha un precipitato colorato.
Esistono tecniche dirette e indirette: nelle dirette gli Ab sono direttamente coniugati con molecole di perossidasi o di fluorocromo.
Nel metodo indiretto invece c'è un Ab primario che non è coniugato e che è diretto contro un Ag e poi c'è un Ab secondario coniugato con perossidasi o fluorocromo e che fa da tramite. Questi Ab provengono da determinate specie animali e sono diretti contro gli anticorpi della specie animale da cui deriva l'Ab primario. Tra le due tecniche è da preferire quella indiretta perché più sensibile, perché consente l'amplificazione del segnale e inoltre gli Ab primari che non sono legati direttamente alla perossidasi non subiscono alterazioni.
ISISTEMI DI RIVELAZIONE
C'è la tecnica PAP (perossidasi antiperossidasi) poi c'è la tecnica ABC (avidin biotin complex) che sfrutta il legame tra avidina e biotina facendo da ponte tra l'Ab secondario biotinilato e la perossidasi. L'avidina sta a livello dell' anticorpo secondario e della perossidasi. La colorazione dell'immunofosfatasi alcalina è particolarmente sensibile con la quale non si forma il fondo che è costituito da cellule e altre strutture che si colorano ma che non sono di interesse. La fosfatasi alcalina endogena viene denaturata dalla fissazione quindi i tessuti che contengono la fosfatasi alcalina endogena non vengono colorati. Questa tecnica serve ad identificare le cellule maligne e spesso permettono anche di sapere quale sia il loro sito di origine.
Quando si richiede un pannello per immunoistochimica:
-un Ab scelto che deve riconoscere solo epitopi che s i trovano sulle cellule neoplastiche
-I determinanti antigenici devono essere espressi in maniera omogenea
-bisogna conoscere tutte le possibili cross reazioni, i tipi di reazioni che ci possono essere tra gli Ab per evitare dei falsi positivi che in realtà sarebbero appunto delle cross reazioni
Tutto questo oggi è standardizzato mettendo l'Ab nelle giuste proporzioni che bisogna conoscere al momento della diagnosi per non dare falsi positivi. Ad esempio gli anticorpi diretti contro LH e TSH sono costituiti da una subunità alfa comune per cui si potrebbe trovare una forte positività per questi ormoni. In realtà è l'alfa subunità in comune a dare quella positività di colorazione e conoscendo ciò non si corre il rischio di dire che ad es. quell'adenoma ipofisario secerne LH e TSH.
I principali anticorpi utilizzati in citopatologia riconoscono 3 classi di antigeni:
1. Filamenti intermedi (IFP)
2. Antigeni tumore associati (TAA)
3. Proteine relative a specifiche funzioni cellulari.

FILAMENTI INTERMEDI
I filamenti intermedi sono delle proteine del citoscheletro stabili e con una discreta reattività. Poichè si conoscono 5 tipi di filamenti distribuiti in maniera diversa nell'organismo è possibile fare una differenziazione istologica. Questi tipi sono:
1. Vimetina che è espressa nel tessuto connettivo
2. Citocheratina del tessuto epiteliale
3. Actina muscolo specifica
4. Due gruppi di filamenti presenti nel tessuto nervoso di cui uno è la Proteina Acida Gliofibrillare GFAP che si trova nella glia e l’altro è la Proteina Neuro Filamenti che individua il neurone.
Grazie a questi filamenti è possibile riconoscere l'origine delle cellule maligne, se una di queste cellule presenta la citocheratina sarà di origine epiteliale e cosi via.
GLI Ab TUMORE ASSOCIATI
Sono espressi solo nei tumori perché o sono overespressi o perché la crescita tumorale ne ha consentito lo smascheramento o perché sono il risultato di un metabolismo alterato, cioè normalmente non vengono prodotti ma nelle cellule tumorali lo sono. Ci sono poi Ab che riconoscono Ag embrionali come x esempio il CEA acronimo di antigene calcino clonale o l' alfa feto proteina. Ab capaci di identificare delle glicoproteine di membrana presenti soprattutto nei tumori epiteliali di origine ghiandolare e tra questi anticorpi i più usati sono il CA 125 e il CA 19-1. Questi sono generalmente quelli che chiamiamo marcatori tumorali e che prendono parte allo screening. Gli Ab che sono correlati a specifiche funzioni cellulari come la capacità di accrescimento e sono i cosddetti indici di proliferazione cellulare. Ad esempio abbiamo il KE67 che è quello più usato e il PCNA che è molto meno sensibile e quindi è meno usato. Abbiamo, ancora, Ab diretti contro recettori ormonali come quelli degli estrogeni e del progesterone che hanno un importante valenza prognostica nel tumore della mammella una volta che sono identificati e quantizzati. Si possono poi individuare recettori per determinati fattori di crescita e marcatori per la resistenza ai chemioterapici come per es. il recettore P170. Se le cellule tumorali esprimono questo recettore significa che è inutile fare chemioterapia perchè il tumore sarà resistente ai chemioterapici.






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nausica86
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Inserito il - 30 gennaio 2012 : 18:33:54  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di nausica86 Invia a nausica86 un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Quando si esegue un esperimento di massa, si utilizza uno spettrometro ed in base al tipo di analisi che si vuole effettuare si hanno 3 caratteristiche principali che si devono sceglie.
La spettrometria di massa analizza specie cariche, ovvero ioni, quindi se le specie sono neutre bisogna effettuare una ionizzazione per formare degli ioni. Infatti una prima parte dello spettrometro è quella che si chiama sorgente di ionizzazione o camera di ionizzazione, viene introdotto il campione per poi essere ionizzato con l’aggiunta di un protone. La scelta del tipo di sorgente ionica dipende dal tipo di campione si sceglieranno tipologie di ionizzazione differenti. La scelta della sorgente dipende anche da alcune caratteristiche della sostanza: se essa è volatile, se è termolabile.
Dopo c’è l’analizzatore di massa, cioè quello che separa i nostri ioni sulla base del rapporto massa/carica; quindi una volta formati gli ioni li vado a separare in base al suddetto rapporto.
Il rapporto massa carica si indica con m/z, dove z indica la carica; ovviamente se ad una proteina faccio assumere un protone rendendola positiva, la sua carica sarà 1.
z sarà uguale ad 1 nella maggior parte dei casi, ed è ovvio dire che in questo caso la separazione avverrà in base alla massa.
Una volta che gli ioni arrivano nell’analizzatore di massa, poi vengono inviati al detector dove si registra il vero e proprio spettro di massa.
Gli analizzatori ne esistono differenti tipi che si basano su principi fisici diversi, ed hanno risoluzione diversa. La risoluzione è la capacità dell’analizzatore di distinguere due analiti che hanno masse vicine. Quando si vuole analizzare un campione, esso può essere introdotto direttamente nella sorgente oppure si può collegare lo spettrometro ad un metodo di separazione; infatti nello schema in alto, accanto al rettangolino giallo c’è scritto DI, GC, LC.
• DI sta per introduzione diretta
• GC sta per gas cromatografia
• LC sta per cromatografia liquida
Quello che in effetti possiamo fare è effettuare una cromatografia liquida, ottenendo diversi picchi, e collegare l’uscita della colonna direttamente ad uno spettrometro di massa; quindi per ciascuno di questi picchi possiamo eseguire uno spettro di massa e conoscere il peso molecolare dei picchi. Per cui si uniscono due tecniche insieme, si effettua prima una preparazione e, dopo, un’analisi del picco mediante spettrometria di massa.
Esistono diverse sorgenti di ionizzazione ma noi ne prenderemo in esame solamente 3 tipologie: IE (impatto elettronico), MALDI e ES (elettrospray).
L’impatto elettronico viene utilizzato per le molecole a basso peso molecolare, mentre MALDI e ES per quelle ad alto peso molecolare.

Dopo la sorgente abbiamo l’analizzatore e quindi la separazione di ioni, il detector, e il risultato finale dell’esperimento è uno spettro in cui abbiamo l’intensità di segnale e il rapporto m/z, per cui ancora una volta se z = 1 allora m/z = m, quindi si avrà l’intensità degli ioni in funzione della massa.
In realtà però possiamo non fermarci ad un primo spettrometro ma si può pensare di mandare ogni singolo ione in una camera di collisione dove vengono rotti i legami (vedi schema), e si producono frammenti della molecola il cui peso molecolare può essere poi misurato.

Quindi in un esperimento di spettrometria di massa si possono analizzare solo specie cariche , ioni, e si può scegliere di operare una ionizzazione positiva o negativa in base alle caratteristiche della molecola.

Possiamo avere perciò delle informazioni qualitative e informazioni quantitative.

INFORMAZIONI QUALITATIVE: identificazione di molecole sulla base della determinazione del peso molecolare. Si misura il p.m. della sostanza e si può avere la caratterizzazione della struttura e dei gruppi funzionali mediante lo studio dei frammenti della molecola.

INFORMAZIONI QUANTITATIVE: misurazione della quantità di sostanze note in una miscela complessa (basata sul numero di tipo e quantità di specie molecolare). Queste informazioni si ottengono con l’utilizzo di uno standard; a prescindere dalla tecnica che si sta utilizzando, che in questo caso è la spettrometria di massa, se voglio dosare un metabolita a partire da un fluido biologico ho bisogno di standard a concentrazione nota.
Si possono utilizzare 2 tipi di standard:
• Standard interno: si aggiunge lo standard direttamente alla miscela
• Standard esterno: soluzioni a concentrazione nota che servono per la costruzione della retta di calibrazione.

Gli standard di elezione sono in genere composti dagli isotopi degli elementi presenti nella nostro composto, quindi potrebbero contenere il deuterio, il 13C, e ovviamente tale composto avrà lo stesso comportamento del nostro campione ma p.m. diverso.
Ad es. se prendiamo sempre il butano e si sostituiscono gli atomi di idrogeno con quelli di deuterio, si otterrà un composto che dal punto di vista chimico si comporterà nella stessa maniera ma avrà un p.m. maggiore di un numero pari al numero di molecole di deuterio presenti. Per cui se stiamo utilizzando una tecnica che separa le molecole in base al loro p.m., il mio composto si separerà dallo standard, si riporta l’intensità dello ione del composto rispetto a quella dello ione dello standard che ho aggiunto a concentrazione nota, facendo così una misura semiquantitativa del mio analita.

La scelta del metodo di ionizzazione dipende dallo stato fisico del campione, dalla volatilità, dalla stabilità tecnica, dal tipo di analisi che vogliamo efettuare (determinazione del p.m., della struttura molecolare e analisi di sequenza).

TECNICHE DI IONIZZAZIONE

IMPATTO ELETRONICO (EI)

Si effettua su di uno strumento che accoppia un’analisi cromatografica con un’analisi per spettrometria di massa.
L’impatto elettronico è utilizzato per molecole che hanno basso peso molecolare, quindi non può essere utilizzato per proteine o oligonucleotidi.

La molecola di massa M viene bombardata con un fascio elettronico, e quindi gli elettroni colpiscono questa molecola di massa M con la produzione di uno ione molecolare M+ + 2 e- ; questo ione molecolare viene poi indirizzato verso l’analizzatore poiché sono presenti due piastre cariche negativamente che la attraggono.

Può anche accadere che si formi uno ione carico negativamente, quindi che si abbia una ionizzazione negativa, ciò dipende sempre dal tipo di molecola che sto analizzando, se essa ha più propensione a perdere elettroni o ad acquistarne.
Quindi ovviamente prima si faranno delle prove per vedere la capacità della molecola di ionizzazione, e una volta che si è scelta la maniera di operare essa non verrà cambiata fino alla fine.

Questo è uno spettro ad impatto elettronico del butano e quindi è presente il picco a 58, però oltre a questo picco Infatti oltre al 58 avremo il 43 che corrisponde al CH3-CH2-CH2+, ed un 28 che corrisponde al CH3-CH2+.
Se ovviamente si hanno molti composti, molti analiti ed si ottengono quindi un picco dovuto allo ione molecolare e picchi di frammentazione, la interpretazione dello spettro può diventare molto difficile perché ciascuna molecola produce 3 o 4 segnali. In alcuni casi la ionizzazione è tale che si perde lo ione molecolare, cioè l’energia è così elevata che la molecola non è più stabile e quindi si formano solo i frammenti; ovviamente avere solo i frammenti senza avere indicazioni del peso molecolare non è utile, perché non si sa alla fine quanto pesa il composto.

Ricapitolando quindi si possono avere delle frammentazioni direttamente sullo ione che si chiamano frammentazioni primarie, ed è importante dire che le frammentazioni sono riproducibili e prevedibili (ci sono regole di frammentazione, esse non sono casuali) perciò esse possono essere utilizzate per interpretare il dato, e infine lo spettro di frammentazione viene confrontato con quelli contenuti in una banca dati nel pc (si confrontano i vari picchi) per risalire poi al composto. Dopo che si è ottenuto un frammento primario esso può a sua volta riframmentarsi e dare frammenti secondari.
lo ione primario è così instabile che il suo picco non si vede ma si vedono solo i picchi degli ioni secondari, . Le altezze dei picchi dei vari frammenti sono tutte diverse e rappresentano la stabilità dello ione, sta misurando la concentrazione degli ioni, ma la loro intensità che dipende dal quanto questo ione riesce ad essere stabile e a stare per un certo tempo nell’analizzatore per essere misurato e visualizzato.
Un’altra considerazione che si deve fare è che tutti gli elementi sono composti da isotopi più abbondanti e altri meno abbondanti, cioè per es. il C nel 99% dei casi è 12C, mentre nell’1% è 13C.
Questo discorso ci importa quando si fanno delle misure accurate con lo spettrometro di massa; gli isotopi meno abbondanti ma che pesano di più, contribuiranno di più al peso molecolare della sostanza e quindi in realtà il mio picco non sarà mai una stanghetta, ma sarà una prima stanghetta con vicino tante piccole stanghette che corrispondono alle masse più elevate, Se poi la molecola è molto grande ed ha un numero molto elevato di C quindi quando aumenta il numero dei C aumenterà anche il contributo dell’isotopo 13C.
Per le molecole a basso p.m. come il metil stearato quando si va a far uno spettro di massa si avrà un picco ad alta intensità a 298 e picchi di poca intensità a p.m. superiori, bisogna avere un analizzatore che sia in grado di separare i diversi picchi della distribuzione isotopica, altrimenti si corre il rischio di fare una misura del p.m. erronea, cioè di calcolare un peso molecolare medio che non corrisponda a quello della struttura.



IONIZZAZIONE MALDI (Matrix Assisted Laser Desorption Ionisation)


• Il campione è miscelato con una matrice e posto su una superficie per la cocristallizzazione
• Il Raggio laser genera energia che causa il desorbimento del campione dalla matrice e la ionizzazione
• La matrice ha un ruolo fondamentale nella ionizzazione del campione. Reazioni chimiche conducono alla formazione di ioni molecolari MH+.



In questa ionizzazione il nostro analita (macchia fucsia nell’immagine) viene mescolato con una soluzione organica che prende il nome di matrice, e questa miscela (matrice + analita) viene depositata su una piastra metallica. Dopodiché vengono colpiti da un raggio laser e la sostanza organica assorbe l’energia del raggio laser e trasferisce parte della sostanza con delle cariche al campione provocando così la ionizzazione del campione e la trasformazione degli ioni in fase gassosa che poi vanno all’analizzatore.

Chiaramente la sostanza organica che si sceglie deve avere delle caratteristiche di solubilità, quindi l’analita e la matrice devono sciogliersi tra di loro, devono essere miscibili; la matrice deve avere delle caratteristiche per cui deve essere in grado di assorbire la luce del laser e trasferirla alle molecole, e non deve formare legami covalenti con il nostro analita perché esso deve desorbire, essere ionizzato e trasformarsi in fase gassosa.
Quindi la matrice serve come solvente, assorbe l’energia e trasferisce energia in modo tale che si può avere la formazione di ioni molecolari carichi o positivamente o negativamente; questo perché il nostro composto di massa M prende un protone e diventa MH+, o perché perde un protone e diventa M-H-.
Le matrici più utilizzate sono acidi carbossi aromatici che hanno grosse saturazioni, e quindi riescono ad assorbire energia dal raggio laser e a trasferire energia; laddove vediamo che abbiamo bisogno di una ionizzazione positiva
i composti da analizzare che sono aggiunti, avranno anche loro delle masse, quindi si avrà uno spettro della matrice che dovremo poi sottrarre allo spettro del nostro composto; in genere i composti che utilizziamo hanno un basso peso molecolare, per molecole a basso peso molecolare perché si può avere la sovrapposizione dei picchi dovuti alla matrice con il segnale dovuto al nostro analita.
VANTAGGI DEL MALDI
• Misura masse elevate (> 100 KDa), mentre con l’impatto elettronico non è possibile
• Compatibile con la maggior parte dei tamponi salini
• Applicabile ad una varietà di sostanze
• Sensibile al livello di f-moli
risulta essere una tecnica molto veloce e facile da eseguire.
il campione si immette in un capillare e alla fine del capillare si applica una differenza di potenziale. Cioè abbiamo una goccia che contiene il solvente e le molecole del campione, con l’applicazione di una d.d.p. la goccia si carica, entra in una situazione di sottovuoto e quindi il solvete che è una sostanza volatile, passa allo stato gassoso e la goccia si restringe sempre di più, per cui ad un certo punto le cariche si ammassano e si ha infine la rottura della goccia con la formazione di tante piccole particelle cariche; ecco perché poi il termine elettrospray (cioè formazione di uno spray elettrico), con la formazione di ioni.
Poiché si formano tutte queste cariche vicine, essa in questo caso può prendere più di una carica.
Una molecola a basso peso molecolare o la ionizzi col MALDI o con l’elettrospray, darà comunque uno ione monocarica; invece molecole ad alto peso molecolare analizzate con ES prenderanno più cariche.
Questo è importante perché come abbiamo detto inizialmente, in qualsiasi tipo di esperimento che si effettua, si va sempre a misurare il rapporto m/z, Ovviamente questo rappresenta un primo vantaggio quando bisogna misurare pesi molecolari molto elevati.
Il secondo vantaggio nasce dal fatto che tutti questi picchi si originano dalla stessa specie molecolare, cioè prendono cariche diverse questo significa che per ciascuna coppia di picchi si possono scrivere delle equazioni e calcolare con la loro risoluzione il peso molecolare; alla fine dell’esperimento non avrò una sola misura di p.m. ma avrò più misure di peso molecolare per ciascuna coppia.

Alla fine dell’esperimento avrò un valore medio con una DS, e questo è estremamente importante quando si necessita di un valore molto preciso come quando si effettua un controllo di qualità, o per controllare l’espressione di proteine combinate (sistema eterotropo) Questo è il primo strumento di indagine nel campo di analisi di varianti proteiche, si riesce a vedere se c’è un’ alterazione di p.m. che è la conseguenza di una sostituzione amminoacidica.
La DS ci indica un errore percentuale e più aumenta il p.m. più aumenta l’errore, ciò perché i picchi tendono ad infittirsi e se si possiede un analizzatore con una risoluzione non buona l’errore aumenta. Si può scegliere di adoperare un analizzatore con risoluzione maggiore e quindi l’errore ritorna ad essere basso.

Abbiamo detto che l’intensità del picco dipende dalla stabilità dello ione, quindi significa che due peptidi con due strutture diverse, mescolati in quantità equimolecolari non danno segnali con la stessa intensità, perché basta che uno dei peptidi abbia un amminoacido basico che tiene meglio il protone e lo ione si formerà più facilmente, sarà più stabile e il picco sarà più intenso.
Per cui si aggiunge all’interno della miscela l’analogo che ho adoperato, in un caso il deuterio, in n altro il 13C, e si misura l’intensità rispetto a quella dello standard.

ANALIZZATORI
ANALIZZATORE QUADRUPOLARE
Gli analizzatori possono essere quadrupolari, cioè costituiti da 4 barre accoppiate, 2 positive e 2 negative, ad esse si applica una d.d.p. e si genera una corrente continua o alternata e a certi valori di corrente alcuni ioni di una determinata massa vengono espulsi e registrati, mentre altri rimangono all’interno. È come se gli ioni fossero espulsi dal quadrupolo in base alla massa e quindi inviati al detector.

Invece nella trappola ionica, che è molto simile al quadrupolare, il concetto è diverso perché gli ioni di una data massa non vengono espulsi ma vengono intrappolati, e la frammentazione può essere fatta direttamente nella trappola.

ANALIZZATORE A TEMPO DI VOLO (TOF)
Il principio su cui si basa questo analizzatore e’ che ioni di differente valore massa/carica hanno uguale energia, ma differente velocità dopo l’accelerazione subita nella camera di ionizzazione. Ne deriva che il tempo che ciascuno mette per attraversare l’analizzatore e’ differente.
Esso è costituito da un tubo in cui gli ioni si muovono e praticamente, vengono accelerati, hanno un’energia cinetica e minore sarà la massa maggiore sarà la velocità.
• Tempo impiegato per percorrere il tubo viene misurato in microsecondi e trasformato in valore di massa
• Per ogni pacchetto vengono rivelati tutti gli ioni

Esistono tutti questi analizzatori proprio perché ognuno di esso sarà caratterizzato da una propria risoluzione.
La risoluzione = m/#916;m
m = peso molecolare
#916;m = variazione di massa





Gli strumenti più potenti quindi si utilizzando per la separazione di molecole più grandi a più alto p.m.
Vedremo due tipi di approcci: uno che ci permette di determinare il peso molecolare della proteina intatta e ricavare da questa prima informazione degli elementi di giudizio.
Dopodiché dobbiamo scendere nei dettagli della caratterizzazione strutturale della proteina, quindi analizzare i singoli peptidi che derivano dalla idrolisi della proteina. Il software di elaborazione dei dati, per ogni coppia di picchi consecutivi, risolve questo sistema, dal quale determina il numero di cariche e calcola il peso molecolare. Siccome lo fa per ogni coppia di picchi, la misura è molto accurata perché si ha una media.
Quindi si avrà che il PM della catena #946;.
Siccome il calcolo sperimentale del PM comporta un errore di circa 1,5, se abbiamo una differenza che è + 52,9, essa non può essere dovuta ad un errore analitico, perché è una differenza molto più grande di 1,5 che è l’errore associato alla misura. Ciò significa che questa catena globinica ha una variazione strutturale che comporta una variazione di PM. Questo può essere dovuto o ad una sostituzione amminoacidica o ad una modificazione di un residuo; quindi il dato iniziale su cui investigare è questo + 52,9.

L’analisi sulla proteina intatta produce una misura di PM.
Se avessimo trovato lo stesso valore della proteina normale, avremmo concluso che non c’è differenza tra quello che sto analizzando e la proteina normale, invece, ci troviamo una variazione di PM uguale a + 52,9 che si ottiene sottraendo i due PM.

Per capire che cosa è successo, bisogna scomporre la proteina in pezzi più piccoli, e fare una idrolisi della proteina, quindi si digerisce la proteina con un enzima o con un metodo chimico e si analizzano i peptidi che derivano dall’idrolisi, mediante spettrometria di massa.

Strategia del peptide-mapping
• Idrolisi chimica o enzimatica della proteina
• Analisi diretta mediante spettrometria di massa dei peptidi risultanti
• Attribuzione dei segnali di massa ai corrispondenti frammenti peptidici
• Verifica delle attribuzioni mediante degradazione N o C-terminale

In alto c’è la sequenza.
Come enzima proteolitico, in questo caso, abbiamo utilizzato la tripsina che idrolizza il legame peptidico a livello di lisina o arginina.
Ciò significa che ogni volta che l’enzima trova un residuo di arginina o lisina ci deve essere un taglio.
La prima lisina è 11 e si produce un peptide 1-11, questo peptide contiene gli aa a cui sono associati PM ben definiti, in questo modo posso calcolare il PM di questo peptide.

La fase successiva prevede l’assegnazione dei segnali presenti sullo spettro ai peptidi corrispondenti.
Ad esempio so che il segnale 1222 mi identifica, nel caso di questa proteina, il peptide 1-11.
In questo modo ottengo uno spettro di riferimento, infatti la tecnica si chiama peptide-mapping, perché costruisco uno spettro che è come una impronta digitale della mia proteina.

Supponiamo che il peptide 1-11 ha avuto una sostituzione, cioè che la serina sia diventata un altro aa, in questo caso non avrò più il segnale a 1222 perché non ci sarà più lo stesso PM; quindi non trovo il segnale atteso, ma avrò un nuovo segnale che avrà una differenza imputabile alla sostituzione.
Il pannello superiore riporta la catena #946; che è stata idrolizzata con la tripsina e i peptidi derivati dall’idrolisi sono stati analizzati mediante spettrometria di massa.
Sui picchi si leggono i numeri che non sono i PM, ma i numeri dei peptidi.
La stessa cosa facciamo sulla variante, quindi la idrolizziamo con lo stesso enzima e analizziamo i peptidi con la stessa metodica e poi andiamo a confrontare i due spettri.
La prima cosa che si nota è che il segnale marcato è un segnale assente.
Questo peptide è il C-teminale della proteina, quindi potremmo concludere dicendo che la proteina è variata perché manca il frammento C-teminale, ma abbiamo anche un altro dato che mi dice che l’anomalia strutturale non è dovuta alla mancanza del frammento C-terminale.
Il segnale manca non perché manca il peptide, ma perché il peptide è modificato e quindi non da il segnale atteso.

nella parte bassa dello spettro della variante, trovo 2 nuovi segnali che in quello del normal non erano presenti, 883 e 908, quindi, è come se, invece di esserci un unico peptide che da origine al 1795, ne avessi due di peptidi, diversi tra loro.
La proteina è stata digerita con la tripsina che idrolizza il legame peptidico quando c’è una lisina o un’arginina, quindi se la cisteina diventa arginina significa che si mette in quella posizione un aa che viene riconosciuto dall’enzima che taglierà in quel punto. Questa è la ragione per la quale il segnale del peptide non si vedrà per intero e non si vedrà neanche il segnale 1772, ma c’è una scissione e quindi avrò due nuovi segnali, uno è il peptide 105-112 in cui una volta calcolato il PM dalla sequenza, bisogna sostituire la cisteina con l’arginina e pesa 883; e un altro peptide 113-120 che ha la sequenza della proteina normale.
In questo modo posso concludere che c’è la sostituzione della cisteina con l’arginina in quella posizione

Si fa di nuovo lo stesso procedimento, si prende la proteina, la scindo in peptidi utilizzando la tripsina, vado a misurare i PM dei peptidi e confronto questo spettro con lo spettro della proteina normale.

Nello spettro alterato, trovo un segnale 2785 che non è presente nella proteina wild type e nello spettro si nota anche l’assenza del segnale a 2547 che è il peptide 83-104 e di cisteina /lisina che è il peptide 145-146.

Nella proteina normale il #8710;m di - 60,8 può essere dovuto ad una sostituzione tirosina/cisteina.
Se la tirosina 145 diventa una cisteina il dipeptide misura 241 e ancora una volta mi trovo di fronte ad una stranezza. In questo caso non c’è un taglio ma un’aggiunta.
Nella catena laterale della cisteina è presente un gruppo SH, quindi se ci stanno due residui di cisteina, si forma un ponte disolfuro.
i due peptidi separati, ma li vediamo uniti perché il ponte disolfuro è un legame covalente, quindi si vede un segnale che è la somma dei due peptidi.

perché chi lavora con le proteine non ha a disposizione una tecnica come la PCR per l’amplificazione, quindi le sequenze geniche si possono fare con minore quantità di materiale.
Questo esempio ci fa capire quanto sia importante l’analisi a livello della proteina.
La formazione del ponte di-solfuro è una modifica post-traduzionale e le modifiche post-traduzionali è una cosa a carico del corredo enzimatico del tessuto.

Oggi grazie alla tecnologia, abbiamo degli strumenti che accoppiano direttamente la cromatografia liquida o la gas cromatografia con la spettrometria di massa si riesce a vedere che sotto quel picco un pò slargato, c’è la presenza di due specie proteiche, una corrispondente alla proteina wild type e una con il peso mutato.

si individua il peptide modificato e si frammenta il peptide corrispondente della sequenza wild type e il peptide della sequenza mutata.
Questo significa che, analizzando gli spettri di frammentazione, dovremmo trovare una differenza che non corrisponda all’aa presente nella proteina nativa.
se invece abbiamo a che fare con una proteina più grande, potrebbe essere necessario utilizzare una doppia idrolisi enzimatica, perché con una singola idrolisi si potrebbero produrre peptidi troppo grandi che quindi non danno un’ analisi accurata del PM. Se abbiamo una modifica post-traduttiva il PM cambia.
Abbiamo 1 classe di malattie congenite del metabolismo ke fondamentalmente comportano 1 difetto nel gene ke codifica per 1 proteina alterata, ke può essere o 1 enzima o 1 proteina di trasporto x es. 1 trasportatore degli aa, quindi se c'è 1 difetto nel trasporto abbiamo 1 disposizione anomala degli aa circolanti o intracellulari. REAZIONE ENZIMATICA: Abbiamo 1 substrato (S) ke viene convertito in prodottp (P). Se abbiamo un difetto genetico ke catalizza x 1 enzima alterato, quindi l'enzima ke catalizza questa reaz. da S a P, ovviamente se c'è 1 blocco x cui S non viene convertito in P, succede ke il sub tende ad accumularsi, xkè se manca l'enzima il sub si accumula. Questo è quello ke succede in tutti i disordini metabolici la cui tossicità è spiegata dall'accumulo del sub. L' es. più classico e più frequente è la FENILCHETONURIA, ke è 1 disordine metabolico dovuto al deficit della fenilalanina idrossilasi, ke è 1 enzima epatico ke in vivo catalizza la conversione di fenilalanina in tirosina. Quindi nella reaz. ho l'enzima ke è la fenilalanina idrossilasi(TPAH), quando quest'enzima è mal funzionante c'è 1 blocco nella conversione della fenilalanina in tirosina. Quindi i livelli di fenilalanina circolanti aumentano e si è visto ke la fenilalanina si accumula nel SNC e produce ritardo mentale. Quindi la tossicità è spiegata dall'accumulo del sub. Ovviamente la tossicità potrebbe essere dovuta a 1 carenza del prodotto, non è il caso della fenilchetonuria, xkè la tirosina non proviene solo da questa reaz., ma anche da altre reaz., quindi i livelli di tirosina non vengono alterati. Se non funziona la via principale potrebbero attivarsi altre vie ke portano alla formazione di metaboliti ke normalmente non si accumulano, x es. nei difetti di degradazione degli ac. grassi, il sub. ke non viene degradato, si coniuga x es. con la glicina quindi si formano delle acilglicine ke non sono presenti normalmente nel siero o nelle urine. Se guardiamo questo schema metabolico dal punto di vista del lab., ovviamente questo schema offre 1 quadro abbastanza chiaro di come il lab. possa intervenire x andare a studiare, a diagnosticare o seguire nel tempo i disordini metabolici, xkè se ho 1 accumulo anormale del sub. io posso andare ad immaginare di sviluppare dei metodi ke mi vadano a quantizzare, a dosare il sub. nel fluido biologico( es. fenilchetonuria, si vanno a dosare i livelli plasmatici di fenilalanina, oppure andare a ricercare metaboliti che normalmente non si accumulerebbero( es. degradaz. degli ac. grassi, le acilglicine non sono determinabili nelle urine, invece quando c'è 1 difetto nella degradaz. degli ac. grassi, abbiamo livelli di acilglicine ke è quantificabile, ke si accumula). La cosa più importante è ke questo tipo di patologie possono o manifestarsi da subito oppure non manifestarsi, ciò significa ke il neonato alla nascita appare clinicamente sano, la manifestazione clinica avviene quando la fenilalanina si è talmente accumulata da dare disturbo nel neonato. Questo significa ke x essere tempestivi nell'intervento su queste patologie, bisogna immaginare 1 serie di analisi ke possono essere fatte precocemente in modo da individuare subito la patologia e impostare la cura corretta. Da qui nasce il concetto di SCREENING NEONATALE, cioè l'insieme di esami ke consente di identificare il markers sintomatico della patologia( es. fenilalanina) e effettuare diagnosi e definire la terapia o il regime alimentare a cui sottoporre il paziente. Molte di queste patologie possono essere trattate impostando correttamente 1 regime alimentare, quindi deprivando la dieta di proteine o dando delle formulazioni appropriate. X altre patologie non esiste 1 terapia risolutiva xrò una diagnosi precoce consente da subito di migliorare la qualità di vita del paziente. Lo screening neonatale fu messo a punto da GATRI, medico americano, ke nel 1960- 61 aveva 1 figlio affetto da fenilchetonuria. Poichè lo screening neonatale è 1 indagine a cui vengono sottoposti tutti i neonati deve essere di semplice esecuzione, infatti Gatri immaginò 1 metodo molto semplice. Abbiamo pozzetti di agar su cui viene messo a crescere 1 batterio. Su questo pozzetto si stratifica il batterio in presenza di 1 inibitore della crescita batterica. Quindi in presenza di questo inibitore il batterio non cresce. La fenilalanina compete con questo inibitore, quindi se si supplementa fenilalanina nel pozzetto questo contrasta l'effetto inibitorio e il batterio riprende a crescere, quindi si forma l'alone della colonia batterica. Gatri standardizzò questo metodo x cui sui diversi pozzetti che comprendevano il batterio più l'inibitore, andava a depositare dei dischetti impregnati di sangue. Il prelievo ai bambini viene effettuato dal tallone con poche gocce di sangue si impregna 1 carta da filtro ke ancora oggi è chiamata carta da Gatri. X ogni bambino si prendono 1-2-3 circoletti e li deponeva su questa colonia. Si estrae l'aa fenialanina. Se i livelli di fenilalanina sono al di sotto di 1 certo limite non riesce a contrastare la presenza dell'inibitore e quindi il batterio non cresce. Se invece i livelli di fenilalanina sono > del limite fissato, il batterio cresce e si forma l'alone. Questo è 1 metodo semiquantitativo in cui si correla il diametro dell'alone batterico con la concentrazione di fenilalanina. Se abbiamo 1 deficit della fenilalanina idrossilasi, x ovviare a questo disordine metabolico somministriamo ai bambini 1 dieta povera di proteine, in modo tale da non produrre fenilalanina, supplementando cibo con coppie di aa ke non contenga fenilalanina. Molti casi di fenilchetonuria possono essere trattati supplementando BH4 ( cofattore dell'enzima), Si è visto ke se si da il cofattore dell'enzima nel caso in cui si abbia 1 attività enzimatica residua, l'aggiunta di cofattore è come se potenziasse quel poco di attività enzimatica e quindi si contrasta l'accumulo di fenilalanina. Per ogni disordine metabolico è necessario avere 1 test x ogni analita ke è il biomarcatore del disordine metabolico. Considerando ke attualmente esistono numerosi disordini metabolici, sono tutte patologie rare, caratterizzate dalla bassa incidenza. Per cui molti limiti allo screening neonatale di altre patologie sono stati legati al fatto ke si ha 1 reaz. di post- beneficio. La fenilalanina è oggetto di screening anche in Italia, xkè è tra le patologie + frequenti. Il campo dello screening è stato rivoluzionato dall'avvento di sistemi ke si fondano sulla SPETTROMETRIA DI MASSA TANDEM, ke danno la possibilità in 1 stessa analisi di dosare + analiti, e quindi la possibilità di avere 1 pannello maggiore con 1 riduzione dell'investimento, cioè se abbiamo ke la singola patologia è 1 patologia rara, nel complesso possiamo considerare questa patologia a + alta incidenza. Le procedure operative prevedono 1 raccolta di campioni sullo stesso spot utilizzato da Gatri, quindi 1 goccia di sangue depositata sulla carta da filtro, dallo spot di sangue vengono estratti i metaboliti e mescolati con 1 soluzione ke contiene gli stessi metaboliti marcati, ke quindi contengono o atomi di deuterio o atomi di carbonio, questo serve x la semiquantitativa, xkè dobbiamo esprimere 1 misura quantitativa, quindi riportare l'intensità del nostro ione rispetto all'intensità di 1 ione di cui conosciamo la conc. Per fare ciò si utilizzano metodi di frammentazione selettiva x essere specifici, cioè nel caso dello screening neonatale andiamo a effettuare 1 analisi orientata, cioè cerchiamo i nostri metaboliti, ovvero gli aa ke sono marcatori del difetto del metabolismo degli aa, le acilcarnitine ke sono marcatori del difetto della degradaz. degli ac. grassi, l'intermedio del ciclo dell'urea, ke si accumula se c'è 1 disfunzione nel ciclo dell'urea, ac. organici come l'acido propionico, l'ac. metilmalonico, ke sono marcatori di acidemie organiche. Quindi posso mettere a punto dei metodi di frammentazione selettivi in modo da cercare all'interno del fluido biologico quel marcatore specifico. Opero quindi 3 diversi esperimenti all'interno dello stesso campione, x andare ad avere 1 pannello di aa basici e acilcarnitine. Gli aa vengono devitalizzati x cui so ke x la frammentazione in lab. abbiamo a disposizione 1 HPLC, 1 spettrometro di massa ke deve essere costituito da 2 quadrupoli in serie, da 1 parte l'anionica, x cui dobbiamo seguire la frammentazione del nostro analita. Gli aa vengono devitalizzati, nella frammentazione abbiamo produz. di questo ione + dei prodotti neutri, la somma di questi prodotti neutri ci da 102.Es. fenilalanina, PM 222, se seguissi solo 222 potrei avere sotto a questo 222 altre molecole ke pesano 222, quindi non siamo sicuri della quantitativa; del resto stiamo analizzando siero, sangue di 1 bambino, ke ovviamente sono matrici complesse e sto analizzando 1 peso di 222 ke è piuttosto basso, quindi verosimilmente potrei aver e + metaboliti ke pesano 222. Abbiamo bisogno di 1 parametro ke identifica selettivamente la mia molecola. Faccio degli studi preliminari, esiste 1 grossa mole di dati, x cui si vede che la fenilalanina frammenta perdendo 102. Allora imposto l'esperimento ke si chiama NEUTRAL LOSS SCAN, in cui vado a vedere tutti quei numeri ke sul primo spettro, ke poi frammentati pesano, danno perdita di 102. Quindi vedrò tutti gli aa, xkè tutti gli aa si frammentano nella fenilchetonuria, solo ke avendo residui diversi questo numero sarà diverso. Quindi avrò nello strato dello spettro tanti numeri ke corrispondono a molecole ke hanno perso 1 pezzo neutro ke è 102. Siccome il mio standard è 1 standard a 5 atomi di deuterio, cioè nell'anello benzenico ci sono 5 atomi di deuterio al posto dell'H, quindi 227 si comporterà analogamente allo stesso modo, quindi vedrò 222 ke è il segnale e 227 ke è 1 standard. Quindi vado a calcolare il rapporto tra l'intensità di 222 e l'intensità di 227. Questo è il primo tipo di esperimento, ci sono poi alcuni aa come x es. la citrullina ke oltre ad avere la perdita di questo frammento neutro ha anche la perdita di 1 altro frammento ( esistono le frammentazioni primarie, secondarie, cioè rottura su frammento prodotte dalla massa ). Allora possiamo seguire 1 esperimento detto di MULTI-REACTION-MONITORING (MRM), in cui si registrano quei segnali ke perdono 102 e ke perdono x es. 65. Quanto + post-rein ottengo tanto più selettiva sono. Questo avviene x gli aa basici, quindi la citrullina x es. è 1 marcatore x i difetti del ciclo dell'urea, quindi 1 aumento di citrullina mi segnala 1 disfunzione degli enzimi coinvolti nel ciclo dell'urea. Nel caso delle acilcarnitine io ho 1 rottura ke produce l'ac. grasso + 1 frammento ke è sempre lo stesso, quindi varia questa volta il precursore ke da il frammento, xkè gli ac. grassi hanno 1 catena libera(R) lunga in maniera diversa. Quindi faccio l'esperimento che si chiama PRECURSOR - ION - SCAN, in cui si vanno a trovare tutti quegli ioni del primo spettro che danno frammentazione 85. L'enorme portata del metodo è dovuta al fatto ke questi 3 esperimenti li faccio sul singolo campione. Io inietto il campione, nella curva abbiamo il profilo della corrente ionica tot. Quindi inietto il campione con 1 HPLC e ho il campione che flussa di continuo nello spettrometro x 2-3 min. Quindi significa ke posso analizzare il campione x 2-3 min continuamente. Per i primi 30sec eseguo 1 PRECURSOR ION SCAN , quindi avrò 1 profilo delle acilcarnitine. Lo standard delle acilcarnitine contiene 3 atomi di deuterio. Dopo 30 sec. finisco questo esperimento e inizio quello di NEUTRAL LOSS, quindi avrò il profilo degli aa. Dopo 30 sec. effettuo 1 esperimento di MRM, dove vado a vedere gli aa basici, ovvero ornitina, arginina e citrullina. Dopo questo ricomincio di nuovo x 2-3 min, xkè devo cercare di ottimizzare il rapporto segnale/ rumore, quindi nell'intervallo di 3 min ripeto ciclicamente questi esperimenti. Alla fine dello spot di sangue avrò 3 profili: quello delle acilcarnitine, degli aa e degli aa basici, ke mi consentiranno di fare 1 stima quantitativa x ogni standard e quindi le acilcarnitine possono essere biomarcatori dei difetti degli ac. organici e gli aa biomarcatori delle aminoacidopatie.Abbiamo la possibilità di andare a quantizzare dei marcatori x fare 1 diagnosi precoce di circa 1 quarantina di difetti del metabolismo. Si passa dal concetto di 1 singolo test x analita, al concetto di 1 test x più analiti. Es. fenilchetonuria: ha diversi gradi di severità, quindi si classifica in 1 forma + severa, se i livelli di conc. di fenilalanina superano un certo limite, e la forma + lieve se la conc. di fenilalanina è al di sotto di 1 limite. Campione di sangue con fenilalanina normale, normale significa ke prima di iniziare a fare 1 lavoro del genere si costruiscono intervalli di riferimento, cioè si esamina 1 numero elevato di neonati di controllo e si denotano i livelli di fenilalanina, infatti esiste 1 variabilità interindividuale, non abbiamo 1 valore di riferimento, ma intervalli di riferimento, ke nel caso della fenilalanina va da 0 a 120 micromol/L. La conc. di fenilalanina è 1 conc. ke da luogo a 1 forma major, quindi lieve difetto, mentre il terzo pannello è 1 quadro associato a 1 forma classica di fenilchetonuria con dei livelli di conc. molto alti di fenilalanina nel sangue. Es. TIROSINEMIA: lo stesso marcatore può essere marcatore di 2 patologie, il ke significa ke abbiamo bisogno di 1 test di secondo livello x poter fare 1 diagnosi definitiva. 1 aumento di tirosina può anche essere associato a 1 forma di ipertirosinemia transitoria del neonato, dovuta a 1 ritardo della maturazione enzimatica, ma si supera. Esistono invece 2 disordini legati al patway della tirosina, la tirosinemia di tipo 1 e la tirosinemia di tipo 2. Schema metabolico: si inizia con la fenilalanina ke viene trasformata in tirosina, poi abbiamo la degradaz. della tirosina. I 2 enzimi coinvolti sono o la tirosinoamminotransferasi o la 4- idrossifenilpiruvico diossigenasi ( vit. C). I 2 disordini sono caratterizzati dalla diversa severità, il tipo 1 è molto più severo del tipo 2, entrambi si manifestano facendo l'analisi dell'aa sullo spot di sangue, con 1 aumento della tirosina ke nel caso della tirosinemia di tipo 1 è 1 aumento molto più lieve( i livelli sono intorno a 200, in quella di tipo 2 intorno a 518). Non ci possiamo basare solo sui livelli di conc., x cui se andiamo a guardare il patway metabolico nel caso in cui abbiamo 1 disordine dell'enzima tirosinamminotransferasi, sempre con accumulo di tirosina abbiamo però la conduzione dell ac. fenilattico, ke va ad accumularsi e si ritrova maggiormente nelle urine. In questi casi quindi se i livelli di tirosina risultano alterati in 1 analisi del sangue o nel siero, il lab. richiede 1 campione di urina e viene effettuata 1 analisi mediante CCMS. Quest'analisi segue il profilo degli ac. organici e si valuta quindi se c'è la presenza di ac. fenilattico. Normalmente i valori di ac. fenilattico sono tra 0,2- 2,6mmol/mol di creatina, mentre nel caso di 1 paziente con scompenso metabolico, vediamo come i livelli di ac. fenilattico sono molto superiori al range normale. L'analisi degli ac. organici è il test biochimico di conferma ke ci permette di fare 1 diagnosi di tirosinemia di tipo 2. Il passo successivo è quello di fare 1 analisi genetica, ovvero analisi del gene ke codifica x quest'enzima e rilevare la presenza di mutazioni nell'enzima. L'altro difetto è quello dovuto al deficit della fumarilacetoacetasi ke è 1 enzima molto + a valle, quindi ecco spiegato, ho 1 aumento di tirosina, ma l'aumento di tirosina è molto + lieve rispetto al deficit della tirosinamminotransferasi, ke è in molte reaz. + indietro. Il metabolita ke si accumula in questo deficit è l'ac. fumarilacetoacetico, ke da la formazione di ac. succinilacetoacetico e il succinilacetone, ed è quello ke si va a ricercare nelle urine e nel secondo caso in cui i livelli normali sono tra 0 e 2 ritroviamo i livelli di succinilacetoacetone pari a 134mmol/mol di creatina, quindi normalmente nelle urine andiamo a ricercare questo metabolita o l'altro metabolita. Quindi la presenza dell'uno o dell'altro indica 1 quadro di tirosinemia di tipo 2, nel caso dell'ac. 4-idrossifenilacetico, la presenza di succinilacetone indica 1 quadro di tirosinemia di tipo 1. La tirosinemia di tipo 1 è il difetto + severo tra i 2, questo ha spinto 1 serie di lab. a mettere a punto dei test x dosare il succinilacetoacetone direttamente sullo spot di sangue. In generale si dosa sulle urine, xkè sono + ricche di questo metabolita, però se abbiamo 1 manifestazione troppo severa ovviamente il lab. misura dei livelli anomali, alterati di tirosina sullo spot di sangue, dopodicchè deve chiedere al centro nascita dove è nato il bambino, 1 campione di urine, questo comporta 1 certo lasso di tempo, mentre invece disporre dei metodi x dosare il succinilacetone dirett. sullo spot di sangue potrebbe dare l'agio nel caso di 1 alterata tirosina, di andare a vedere subito la conc. di succinilacetone

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Immagino siano i tuoi appunti di lezione... ma... hai delle domande a riguardo? Oppure... perchè li hai copiati qui?

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0barra1
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Inserito il - 30 gennaio 2012 : 19:06:07  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di 0barra1 Invia a 0barra1 un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Citazione:
Messaggio inserito da nausica86

in una cellula normale tale rapporto varia da 1:4 a 1:6,



Ma soprattutto, siamo sicuri che sia tutto corretto?





Noi di Voyager crediamo di no!

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