Nuova prospettiva per la diagnosi, la prognosi e la scelta terapeutica dei tumori
Le sfide della tecnologia del microarray nella ricerca biomedica. Quali sono le innovazioni?
"Tre sono le missioni della medicina molecolare, prevenzione, diagnosi e terapia" - afferma il professor Antonio Giordano Direttore dell'Istituto Sbarro per la Ricerca sul Cancro e Medicina Molecolare, Direttore del Centro di Biotecnologia presso la Temple University di Filadelfia, Professore di Anatomia ed Istologia Patologica presso l'Università degli Studi di Siena. “La medicina molecolare - prosegue Giordano - ha avuto quattro ere: negli anni '80 si pensava di usare i geni come sonde, al fine di utilizzare l’informazione genica per poter eseguire analisi ed ottenere dei risultati. Negli anni 90, i geni vengono utilizzati come serbatoio per produrre proteine che magari sono difettose in un evento quale ad esempio il diabete. Negli anni 2000, si ha l'utilizzo dei geni come dei veri e propri farmaci. Con la terapia genica, infatti, oggi siamo in grado di capire, per alcune patologie, quali sono gli eventi genici che sono sregolati per poterli poi regolare inserendo dall'esterno la copia sana del gene. Oggi, con le nuove tecnologie sempre piu’avvenieristiche siamo in grado di parlare di post genomica e di utilizzarle,anche se ancora con limitato successo, nell’ applicazione clinica. Negli anni '70, la cellula era considerata una scatola nera “black box” i cui tentativi di aprirla erano riservati a pochi ricercatori. I notevoli progressi della biologia molecolare e conseguentemente della medicina molecolare consentono ora ad un numero sempre piu’ esteso di ricercatori di poter scrutare con occhio molecolare l’ interno dell’ intricata rete della cellula e di analizzare i complessi eventi che ne regolano la sua vita e che se sregolati possono essere alla base dello sviluppo del cancro. Del cancro noi conosciamo di avere dei geni che sono in qualche modo alterati, incapaci di compiere la loro normale funzione. I geni possono essere modificati si da produrre proteina in eccesso o una proteina troncata oppure modificata rispetto alla norma o infine non produrla affatto. I cambiamenti che si osservano nell'espressione genica man mano che il cancro evolve dallo stadio normale a quello di malignita’ sono graduali. Non dimentichiamo che il cancro è una malattia multifasica e multifattoriale, e la perdita dei normali meccanismi di regolazione del ciclo cellulare può portare ad una sua sregolazione, che sfocia nell’ apoptosi ovvero nella morte cellulare programmata, e, infine, nella perpetuazione incontrollata della crescita cellulare. Si parla tanto di cancro e geni, cancro e mutazioni… “I geni implicati nel cancro - spiega il professor Giordano - sono tantissimi: gli oncogeni, cioè i geni che hanno la funzione propria di sviluppare in qualche maniera il cancro, i geni oncosoppressori che hanno la funzione di sopprimere la crescita tumorale, i geni coinvolti nel meccanismo di riparazione del DNA; ma, in realtà, si è visto che i geni che sono coinvolti nel cancro fanno parte di una miriade di diversi gruppi: geni coinvolti nella morte cellulare, geni coinvolti (nello specifico) nel sottile controllo del meccanismo di regolazione genica, della senescenza cellulare ( invecchiamento della cellula), del differenziamento, etc.
Oggi, i geni che vengono considerati soppressori del tumore, quale il gene Rb2/p130, sono tanti e non basta più solo definire un gene come soppressore del tumore soltanto perché sopprime la crescita tumorale, in quanto vengono continuamente alla luce nuovi meccanismi che rendono sempre più complicata la loro caratterizzazione. Appare, pertanto, ancora piu’ evidente che il coinvolgimento di questi geni nel processo di cancerogenesi non è più correlato ad un solo gruppo, ma a tanti altri: un gene può avere più di una singola funzione nello sviluppo del cancro. In realtà, uno stesso gene implicato nella soppressione della crescita tumorale puo’ avere più di una funzione, ed essere coinvolto in una miriade di molteplici segnali intracellulari. Se si studia con la tecnologia del microarray il profilo e l’espressione genica di un tessuto o di una cellula in un evento sia esso fisiologico o patologico, siamo in grado di ottenere particolari ed utili informazioni. Tale metodica deve essere eseguita in maniera attenta ed intelligente da personale altamente qualificato perche’, come tutte le biotecnologie piu’ avanzate, possono portare il ricercatore ad allontanarsi dalla missione essenziale di utilizzare, cioe’, il nuovo senza considerare il vecchio,di utilizzare, cioè, i nuovi approcci senza dimenticare il confronto con quelli vecchi. Con la metodica del microarray - continua il ricercatore - i profili e le espressioni geniche possono essere visti letteralmente quasi come una fotografia, e i singoli componenti della fotografia altro non sono che tutti i geni visti in una espressione determinata ed in un particolare, determinato momento della vita cellulare. Ogni profilo genico è diverso in ogni tessuto. Si è visto, inoltre, che se si osserva il corrispettivo profilo patologico di un determinato tessuto, questo si presenta in qualche modo danneggiato: si parla infatti, di geni che vengono “accesi” e di geni che vengono “ spenti”. Tutto cio’ significa che se, ad esempio. paragoniamo fra loro un tessuto normale e un tessuto tumorale di prostata i relativi profili genici non sono uguali, cio’ significa che essi cambiano nella progressione dal normale al patologico. Una delle applicazione della metodica del microarray è appunto quella di analizzare il trascrittoma di una cellula o di un tessuto al fine di conoscere quali sono i geni che vengono deregolati, cioè alterati nella loro espressione. Con lo studio del trascrittoma, infatti, possiamo vedere il profilo dell’ espressione del trascritto in un determinato momento, e ciò puo’ consentire uno studio attento dei geni di cui prima non se ne conosceva la funzione. Il gene Rb2/p130 ha di certo un ruolo molto importante nella soppressione e nel controllo della crescita tumorale; e’ da sottolineare, tuttavia, che la proteina Rb2/p130 interagisce con tante altre proteine e l’insieme di tutte queste interazioni (Interattoma) è estrema complessita’. Con la totale analisi dell’ espressione genica di un tumore mediante la tecnica del “microarray” viene, quindi, definita “la firma” ovvero il ritratto molecolare del tumore. I risultati finora ottenuti hanno permesso di raggiungere delle conclusioni a volte sorprendenti ed inaspettate. Per esempio, l’analisi con microarray di casistiche comprendenti tumori della mammella, polmone, fegato e linfomi a cellule B ha evidenziato l’elevato livello di individualita’ dei profili di espressione genica. In molti casi questa metodica ha consentito di identificare marcatori molecolari predittivi di rilevante utilita’ clinica. In alcuni tipi di tumore, ad esempio, della mammella, colon, medulloblastoma, leucemie e linfomi, i relativi cDNA microarray hanno evidenziato la presenza di classi funzionali di geni che rivelano gruppi con maggiore o minore aggressività. Questi risultati sono certamente di importanza fondamentale, ma va sottolineato che non bisogna assolutamente trascurare il confronto con l’approccio convenzionale tuttora ancora indispensabile ai fini di una valutazione diagnostica globale e di un disegno terapeutico personalizzato al “singolo paziente”. Marina Pellitteri
Redazione (04/01/2006)
Pubblicato in Genetica, Biologia Molecolare e Microbiologia
Tag:
microarray,
Rb2/p130
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