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Bradicardia la causa è genetica

Cuore


Se il cuore batte lentamente è colpa del Dna: l’ha scoperto l’équipe di Dario Di Francesco, direttore del Laboratorio di fisiologia molecolare e neurobiologia dell’Università di Milano, la cui ricerca

Se il cuore batte lentamente è colpa del Dna: l’ha scoperto l’équipe di Dario Di Francesco, direttore del Laboratorio di fisiologia molecolare e neurobiologia dell’Università di Milano, la cui ricerca è stata pubblicata sul New England Journal of Medicine. E’ la prima volta che si individua una causa genetica di un disturbo specifico del ritmo cardiaco. La bradicardia è il rallentamento del ritmo cardiaco, che scende dai normali 60 battiti a circa 43 battiti al minuto. Non si tratta di un vero e proprio disturbo, infatti spesso non ci sono sintomi o patologie, ma è un tipo di difetto diffuso presso il 20%. «Ci siamo chiesti se dietro questo rallentamento ci fossero delle cause molecolari e non solo agenti esterni come l’età avanzata», spiega Di Francesco. «Il disturbo si verifica in vecchiaia perché le cellule della zona dove si origina il battito cardiaco, cosiddetta pacemaker, vengono progressivamente sostituite da tessuto fibroso che porta a un rallentamento. Infatti le cellule del pacemaker sono capaci di generare elettricità e quindi stimoli continui per il cuore.
Quando vengono sostituite da altri tipi di cellule questi impulsi non ci sono più perché le nuove cellule non sono cariche di elettricità».
In tutti i soggetti bradicardici analizzati è stata osservata una modificazione di una proteina, la Hcn4, quella che va a costituire il canale del pacemaker. Tale modificazione non era invece presente in altri pazienti. «Abbiamo concluso che la bradicardia era dovuta a questa modificazione genetica». L’effetto è lo stesso che viene generato dalla somministrazione di acetilcolina, inibitore del battito cardiaco: allo stesso modo questa modificazione genetica provoca un minore passaggio di elettricità. «La ricerca ora si può estendere ai cardiopatici, per i quali sarà possibile quindi formulare una diagnosi su basi scientifiche, analizzando il Dna e trovando una causa molecolare. Capito il meccanismo sarà poi più facile intervenire anche con i farmaci». Già nel 2002 Di Francesco aveva individuato nella molecola ivabradina caratteristiche "bradicardizzanti" e "inibitrici del ritmo", utili appunto per chi soffre di insufficienze cardiache, come la tachicardia cronica o l’angina pectoris e che ha la necessità quindi di ridurre il ritmo cardiaco. «Solo diminuendo la quantità di corrente elettrica lungo il canale pacemaker è possibile rallentare il cuore», conclude Di Francesco. «Tale molecola, che in pratica ha lo stesso effetto della modificazione genetica che abbiamo scoperto, è ora oggetto di grande attenzione da parte dell’industria farmaceutica e nel giro di un anno circa arriverà su tutti i principali mercati col nome di Procoralan. E’ prodotta dalla farmaceutica francese Servier che l’ha già commercializzata in Irlanda e l’ha resa disponibile da anni negli ospedali e nei centri specializzati, per la cura dell’angina pectoris e della tachicardia. Ha già superato tutti i test clinici e ha ricevuto l’approvazione in Usa della Food and Drugs Administration. E’ solo questione di tempo quindi».

Fonte: LaRepubblica (25/01/2006)
Pubblicato in Genetica, Biologia Molecolare e Microbiologia
Tag: bradicardia, cuore
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