I ricercatori guadagnano poco e sono stressati
Per l'indagine promossa dalla Cgil, gli ex co.co.co. guadagnano in media 800 euro e lavorano molto
Più della metà dei ricercatori scientifici, assunti con contratti di collaborazione e quindi precari, lavorano fino a 45 ore a settimana e non raggiungono i 1000 euro di stipendio mensili. E sono molto stressati. La media dei salari è tra gli 800 e i 1.200 euro al mese. E devono ancora ritenersi fortunati: un ex "co.co.co." su tre, infatti, guadagna meno di 800 euro netti al mese. Questo è il panorama che emerge da un rapporto promosso da Nidil Cgil e realizzato dal Cer. Oltre ad avere un guadagno basso (il 65% degli intervistati si lamenta della propria condizione economica), anche la loro qualità di vita lascia a desiderare. Il lavoro infatti li impegna per gran parte della giornata: infatti il 50%, e quindi un ex "co.co.co." su due, lavora più di 38 ore settimanali, con punte anche di 45 ore. Inoltre il 20% dei ricercatori che guadagna più della media (cioè più di 1.200 euro al mese) lavora più di 38 ore alla settimana. Ed è lo stesso orario che fa anche il 56% di chi guadagna tra 800 e 1.000 euro al mese e quasi il 60% tra i 1.000 e i 1.200 euro. Per quanto riguarda chi a stento arriva a 800 euro al mese, cioè chi ha un orario di lavoro più basso: poco meno del 40% lavora meno di 30 ore e tra questi, più del 50% in realtà lavora meno di 20 ore per una retribuzione netta inferiore ai 400 euro.
In sostanza, il 31% degli intervistati guadagna meno di 800 euro netti mensili. Sommando anche il 26% di coloro che guadagnano mensilmente tra gli 800 e i 1.000 euro, il risultato è che un collaboratore su due ha una retribuzione inferiore ai 1.000 euro al mese. E tra chi, in ambito scientifico, svolge le professioni più qualificate, il 52% guadagna tra gli 800 e i 1.200 euro al mese. Solo poco più del 20% ha stipendi un po' più elevati ma superiori comunque ai 1.200 euro. Tra quelli le persone che eseguono professioni più esecutive, più del 65% guadagna meno di 800 euro al mese. Se si analizzano gli orari di lavoro, risulta che il 72% dei tirocinanti lavora più di 38 ore alla settimana. Chi svolge lavori più esecutivi ha invece un orario tra le 30 e le 38 ore settimanali. Tra questi tuttavia, ben il 26% lavora part-time (sono prevalentemente lavoratori e lavoratrici dei call-center). Infatti è necessario ricordare che l'orario part-time è di fatto quasi un dato strutturale nei call center, poichè si adatta alla natura del lavoro, viene incontro alle necessità dei datori di lavoro, permettendo di gestire i turni con grande flessibilità e consentendo agli operatori di mantenere sempre alto il livello di attenzione. Il futuro non sembra roseo perché i lavoratori sono precari sempre più in là con gli anni: uno su 4 ha più di 35 anni (26% del campione) e di questi circa la metà ha più di 40 anni. Le ripercussioni sulla famiglia sono immediate: l'82% degli interpellati non ha figli. Inoltre la ricerca evidenzia che la loro condizione di precari genera ansia e questo incide sulla vita provata, anche se la loro produttività non ne risente. La loro condizione di vita infatti destabilizza notevolmente i giovani "cervelli", con effetti negativi in particolare sul rapporto di coppia, sul bilancio familiare e sulle scelte per la casa. Dall'indagine risulta che il 97,4% degli interpellati ha uno stress emotivo soprattutto quando si avvicina la scadenza del contratto. Ma la situazione di incertezza è causa generale di effetti indubbiamente negativi sulla vita privata, e questo oer praticamente tutti gli intervistati (96%). Ad esempio, il 71,6% la ritiene causa di problemi di coppia, l'89,7% la ragione di incomprensioni con i propri genitori, l'89,3% ritiena che incida sulla scelta dell'abitazione, l'87,2% sulla capacità di affrontare gli imprevisti quotidiani e il 91,7% sul bilancio familiare.
Redazione (08/01/2007)
Pubblicato in Analisi e Commenti
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