Biomedicina: fattorie di farmaci
A prima vista, la struttura della GTC Biotherapeutics di Charlton, Massachusetts, sembra una fattoria. Con l’unica differenza che non vi si produce burro o formaggio. Gli animali ospiti sono, al contr
A prima vista, la struttura della GTC Biotherapeutics di Charlton, Massachusetts, sembra una fattoria. Con l’unica differenza che non vi si produce burro o formaggio. Gli animali ospiti sono, al contrario, dei sofisticati incubatori di nuovi farmaci, dentro cui si accumulano ogni giorno milioni di dollari di potenziali profitti. La GTC Biotherapeutics è una delle tante aziende del pianeta impegnate nella “cura” di animali geneticamente modificati da cui ricavare terapie per il trattamento di patologie come l’emofilia e il cancro. Il primo farmaco autorizzato da animali transgenici, l’agente anticoagulante Atryn, è stato approvato in Europa l’anno scorso. Una rivalsa non da poco sull’annoso dibattito in materia di biotech, che indica una direzione innovativa per le tecnologie dell’allevamento. Con l’approvazione dell’anticoagulante, l’industria farmaceutica probabilmente in futuro aumenterà il ricorso a cavie transgeniche, spiega Robert Kay, amministratore delegato dell’Origen Therapeutics, secondo cui le aziende d’ora in poi si daranno da fare per sfornare nuovi “sistemi” animali ingegnerizzati: topi, ratti, pecore, mucche, maiali, polli. “Prossimamente inizieremo a vedere i primi effetti del nuovo approccio”, commenta. “Possiamo facilmente immaginare che presto verranno compiuti significativi passi avanti in questo senso”. La nuova tecnica consente la produzione di enormi quantitativi di farmaci altrimenti difficili da sviluppare. Essa implica la manipolazione genetica del patrimonio genetico (genoma) degli embrioni animali. Dopo la fecondazione, i ricercatori inseriscono nell’embrione un gene umano che codifica una particolare proteine, generalmente prodotta in natura nell’uomo ma carente negli individui affetti da una data patologia. A quel Dna, successivamente viene agganciato un gene che codifica uno zucchero presente nel latte dei mammiferi, di modo che la proteina terapeutica si esprima solo nel latte o nelle uova prodotti dagli animali. L’ATryn della GTC contiene la proteina umana antitrombina, che aiuta a prevenire i coaguli di sangue che potrebbero causare infarti o aneurismi. Circa una persona su cinquemila è colpita da una carenza genetica di tale proteina.
Il farmaco viene somministrato anche durante gli interventi chirurgici, perché l’eccessivo sanguinamento può abbassare il livello nel sangue dellaproteina, determinando trombi. “Pare impossibile averne troppa”, precisa Geoffrey Cox, direttore esecutivo della GTC. “Ma se se ne ha troppo poca, si è a serio rischio di trombosi”, dove per trombosi si intende la formazione di un coagulo all’interno di un vaso sanguigno. L’antitrombina viene generalmente ricavata dalle donazioni umane di plasma, ma si ottiene in piccolissime quantità. Procacciarsi nuovi donatori ed estrarre la proteina dal plasma è un processo complesso ed estremamente costoso. Ora però che la tecnica di produzione dagli animali Gm ha raggiunto una massa critica, l’Atryn può essere ottenuto in grandi quantitativi. “Ognuna delle nostre capre può produrre un chilo di antitrombina all’anno”, spiega Cox. “Ci vogliono 50 mila donatori per ricavarne la stessa quantità”. La GTC sta sviluppando un protocollo analogo con i conigli per produrre un’altra proteina coagulante, la rhFVIIa, che manca ad alcuni soggetti emofiliaci. Allo scozzese Roslin Institute, luogo di nascita della pecora Dolly, la biologa Helen Sang sta lavorando su un altro abitante delle comuni fattorie, il pollo, per trasformarlo in una fabbrica di proteine analoghe. La Sang è tra i pionieri di una nuova e più efficiente tecnica per ingegnerizzare il pollame in modo da far loro produrre proteine umane nell’albume delle proprie uova, utilizzando un vettore virale. Le sue scoperte sono state pubblicate a gennaio sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences. Le galline si riproducono molto velocemente e generano alte concentrazioni di proteine nel bianco delle uova. La Sang è quindi convinta che degli esemplari transgenici possano fungere da vere e proprie fabbriche di medicinali, con un’efficienza pari a quella delle capre GTC. “Nessun metodo è inequivocabilmente il migliore”, spiega. “Le galline potrebbero andare meglio per la produzione di una data proteina, e le capre di un’altra”. Il Roslin Institute ha siglato una partnership con l’azienda di terapia genica Oxford BioMedica, e sostiene che la sua strategia possa permettere la produzione su larga scala nei prossimi dieci anni di farmaci proteici, anche se non ha specificato quali. Anche l’Origen Therapeutics di Burlingame, California, sta sviluppando delle galline transgeniche per l’espressione di proteine umane negli albumi. Gli scienziati dell’azienda intendono così progettare degli anticorpi per il cancro. Sperano anche di ottenere una gallina in grado di produrre un’intera gamma di anticorpi umani nelle proprie uova. Se l’iniziativa avrà successo, ricavare composti terapeutici sarà come scegliere il gusto di una caramella. Alcuni consumatori, ammettono gli scienziati, hanno paura di questa ibridazione tra genomi umani e animali. “È una partita aperta, e dobbiamo procedere con cautela”, osserva Margaret Mellon, direttrice dell’Union of Concerned Scientists' Food and Environment Program, secondo cui la nuova modalità di produzione dei farmaci andrà standardizzata, il che potrebbe essere difficile avendo a che fare con tante specie diverse. Oltretutto, si teme che nel Dna animale possano nascondersi dei virus che potrebbero contagiare l’uomo, o che i medicinali ricavati dal latte possano risultare contaminati da prioni. E poi c’è il problema della salute degli animali stessi, perché i farmaci prodotti potrebbero loro nuocere. Catherine Willett, consulente scientifico dell’associazione People for the Ethical Treatment of Animals, sottolinea in particolare proprio quest’ultimo aspetto. “L’ingegneria genetica è responsabile dell’aumento esponenziale del numero di animali utilizzati negli esperimenti di laboratorio”, chiarisce. “E potrebbe avere degli effetti nocivi a lungo termine sulla salute degli animali stessi”. Ma l’esperta dell’Origen Marie Cecile Van de Lavoir replica che i potenziali vantaggi per la salute umana legittimano il ricorso alla manipolazione della natura. “Se un animale transgenico produce una valida cura contro il cancro”, spiega, “non voglio sentire nessuno dire che non è lecito farlo”.
Redazione (27/02/2007)
Pubblicato in Biotecnologie
Tag:
biotech,
farmaci
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