Un'italiana a Washington inventa le "spugne" per la diagnosi dei tumori
Le nanosfere, ingegnerizzate come delle spugne, agiscono come vere e proprie trappole di proteine della dimensione desiderata
La diagnosi precoce dei tumori costituisce ancora oggi lo strumento di maggiore difesa contro questa malattia. Un dispositivo nanotecnologico per la diagnosi precoce è quanto è stato messo a punto nell’ambito di un progetto di ricerca condotto negli Stati Uniti al quale ha partecipato la giovane ricercatrice italiana Alessandra Luchini.
Dopo la laurea in Ingegneria Chimica a Padova, e il successivo dottorato di ricerca, la dott.ssa Luchini è stata contattata dal Centro di Ricerche Oncologiche di Aviano (Cro) e da qui è iniziata l’avventura che ha portato Alessandra Luchini a Washington.
Nell’ambito della collaborazione fra il Cro e il Centro per la Proteomica Applicata e la Medicina Molecolare della George Mason University, la dottoressa Luchini ha potuto condurre ricerche che hanno portato allo sviluppo di una nuova nanotecnologia costituita dalla produzione di piccolissime sfere di idrogel biocompatibile. Le nanosfere, la cui dimensione è nell’ordine dei nanometri (un nanometro corrisponde a un miliardesimo di metro), sono ingegnerizzate come delle spugne che agiscono come vere e proprie trappole di proteine della dimensione desiderata.
È stato dimostrato che in presenza di cellule tumorali vengono prodotte delle proteine specifiche che possono essere utilizzate per la diagnosi precoce come marcatori tumorali. Il problema affrontato finora dai ricercatori clinici era costituito dal fatto che queste proteine sono di dimensioni piccolissime e sono presenti nel sangue a diluizioni elevatissime. La novità rappresentata dalle nanosfere è costituita dal fatto che queste potrebbero essere immesse nel circolo sanguigno dove effettuerebbero dei “prelievi” mirati e verrebbero recuperate con un semplice prelievo del sangue.
Un ostacolo finora ritenuto insormontabile per i ricercatori sembra essere ora superato grazie ai risultati dello studio di Alessandra Luchini e del suo gruppo di ricerca. A testimoniare l’indubbia importanza di quanto è stato raggiunto, la presentazione di questi risultati al Congresso dell’Associazione Americana per la Ricerca sul Cancro e la pubblicazione dei dati su Nano Letters, la più prestigiosa rivista scientifica nel campo delle nanotecnologie.
Alessandra Luchini ha risposto alla nostra intervista, aiutandoci, così, a conoscere più da vicino lei e il suo lavoro:
Dopo la laurea in Ingegneria chimica, come si è appassionata agli studi per la ricerca sul cancro? Ho avuto la fortuna di incontrare sul mio percorso persone molto impegnate nella ricerca sul cancro che hanno acceso il mio entusiasmo e la mia curiosità verso la scienza.
Vista la mia formazione tecnica, la mia attenzione si è focalizzata sullo sviluppo di tecnologia da applicare nel campo biomedico per la diagnostica e la progettazione di nuovi farmaci disegnati sul paziente.
Cosa sta studiando attualmente? Sto studiando nanosfere di gel (un materiale assimilabile alle lenti a contatto) che sono state progettate per riuscire a isolare, concentrare e proteggere da degradazione i marcatori tumorali nel sangue. Questi marcatori sono molecole molto piccole (proteine e frammenti proteici, metaboliti, acidi nucleici) contenute nel sangue, che possono fornire informazioni importanti per la diagnosi precoce del cancro. La scoperta di nuovi marcatori tumorali può fornire uno strumento straordinario per intervenire su lesioni tumorali piccole e per questo più facilmente curabili, ma è un processo difficile, dal momento che i marcatori sono molecole molto rare, mascherate da altre proteine molto abbondanti e che vengono degradate rapidamente. La nostra tecnologia è una risposta a tutti questi problemi e permette di isolare i marcatori in maniera molto rapida. Un passo in più verso la medicina traslazionale, dove lo scopo è il trasferimento diretto e l"applicazione immediata dei risultati della ricerca clinica e medica al paziente. Sto anche lavorando a un progetto per integrare proteine allo stato solido con microcircuiti, studi questi che potrebbero portare allo sviluppo di dispositivi di diagnostica biomedica molto precisi e sensibili.
Di cosa le piacerebbe occuparsi in futuro? Mi piacerebbe portare avanti la mia ricerca in questo campo e riuscire a sfruttare al meglio le potenzialità che queste emergenti nanotecnologie possono offrire.
Pensa che le nanotecnologie saranno lo strumento del futuro per la prevenzione e la cura di molte malattie? Sì, penso che lo studio dei materiali a livello nanoscopico offra grosse opportunità, come Feynman aveva visionariamente suggerito negli anni ’50. E penso che valga assolutamente la pena applicare queste nuove risorse per la ricerca biomedica.
Il suo risultato dà prestigio alla ricerca italiana. Quali risvolti ci possono essere per l’Italia e i suoi ricercatori in campo internazionale? Il mio lavoro deve molto all’Italia! Ho avuto la possibilità di lavorare alla George Mason University grazie a un progetto finanziato dall’Istituto Superiore di Sanità e fortemente voluto dal Presidente Garaci, che prevede lo scambio di giovani ricercatori tra vari centri di ricerca italiani contro il cancro e questa università americana che ospita il centro di proteomica applicata e medicina molecolare, diretto da Lance Liotta ed Emmanuel Petricoin. Le nostre ricerche sono coperte da brevetti dei cui ricavati andrà a beneficiare anche l’Istituto Superiore di Sanità. C’è un continuo ricambio di ragazzi che vengono dall’Italia alla George Mason e poi tornano a casa portandosi il loro bagaglio di esperienza. Spero che questa collaborazione con centri italiani vada avanti in futuro.
Qual è l’aspetto positivo del lavorare negli Stati Uniti? La possibilità di poter lavorare utilizzando tutte le migliori e avanzate tecnologie disponibili sul mercato per ottenere risultati eccellenti nel campo della ricerca applicata.
Le piacerebbe un giorno tornare a lavorare in Italia? C’è qualcosa che le manca? Mi piacerebbe molto tornare in Italia dopo aver acquisito solide conoscenze nel campo delle nanotecnologie applicate alla biomedicina per poter avviare un gruppo di ricerca tutto italiano. Chiaramente mi manca molto il mio paese, la mia famiglia tutto ciò che costituisce le mie radici.
Vorrebbe aggiungere qualcos’altro a quanto abbiamo detto finora? Vi ringrazio molto dell’attenzione alla nostra ricerca. Voglio esprimere gratitudine agli scienziati americani che mi hanno accolto con grande affetto e messo nelle condizioni di poter lavorare al meglio e agli scienziati italiani che hanno reso possibile questi proficui scambi.
Redazione (03/03/2008)
Pubblicato in Medicina e Salute
Tag:
nano,
tumori,
proteine,
Luchini
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