Tra i 100 migliori scienziati in tema di Alzheimer, un italiano
Al 71° posto in classifica il professor Sorbi studia le demenze e rappresenta in questa classifica l'Italia e la sua cultura scientifica.
Nel mondo il 5% delle persone al mondo con più di 60 anni soffre di Alzheimer, malattia che si manifesta con amnesia, disorientamento spazio-temporale, incapacità di riconoscere oggetti o di compiere azioni comuni come fischiettare, preparare il caffè, cucinare o fare dei disegni. Nonostante i grossi sforzi della ricerca in questo campo, attiva in tutto il mondo compresa l'Italia, ancora non se ne conoscono le cause. Nella classifica dei primi 100 scienziati coinvolti nello studio della Malattia di Alzheimer compare il nome di un italiano, Sandro Sorbi, ricercatore dell'Università di Firenze nonché ordinario di Neurologia presso la facoltà di Medicina e Chirurgia e presidente dell'Associazione per lo Studio delle Demenze (SINdem), che occupa nella lista la settantunesima posizione, in base alla classifica stilata usando sia il numero e il tipo di pubblicazioni scientifiche che il "citation index", il numero di citazioni di ciascuna pubblicazione fatte dagli studiosi, che esprime la rilevanza e la considerazione da parte degli esperti del settore. Negli ultimi anni le ricerche del gruppo fiorentino guidato da Sorbi sono state orientate allo studio dei meccanismi genetici legati alle abilità di memoria e a quello delle metodologie per la diagnosi precoce della malattia, con indagini genetiche e neuropsicologiche o con tecniche come la PET (Tomografia a Emissione di Positroni), anche 15 anni prima dell'esordio dei primi sintomi. Ma chi è Sorbi? Sorbi si è laureato nel 1978 con una tesi dal titolo "Approccio biochimico allo studio della demenza nell'uomo: aspetti metodologici e risultati sperimentali" e da allora lo studio delle demenze è sempre stato il suo principale, settore di ricerca. Ricerca che attualmente lo porta a valutare le variazioni precoci che avvengono nella malattia di Alzheimer, anche con anni di anticipo sulla comparsa dei primi sintomi, mediante lo studio di aspetti genetici e l'osservazione dei cambiamenti che avvengono in vivo nel sistema nervoso centrale, senza dimenticare che è molto possibile che lo stile di vita influenzi, non tanto il rischio di contrarre la malattia di Alzheimer, o altre demenze, quanto l'età in cui i sintomi clinici compaiono. Dagli studi è emerso che il carico di lesioni sembra essere maggiore nei soggetti con alta scolarità, anche se un'alta scolarità ritarda l'epoca di insorgenza dei sintomi. E' stato anche mostrato che in gemelli discordanti per la demenza e per la malattia di Alzheimer il gemello meno scolarizzato o che ha svolto un lavoro cognitivamente meno impegnativo, ha un rischio maggiore di ammalarsi. Fortunatamente è possibile oggi fare diagnosi precoce utilizzando la PET, ad esempio in soggetti appartenenti a famiglie con mutazioni causative della malattia di Alzheimer, trasmesse per via autosomica dominante, come è stato fatto in una ricerca del professor Sorbi. Per quanto riguarda la terapia del morbo sono attualmente disponibili farmaci che vengono sintomatici, che hanno anche un'azione neuro protettiva se pur modesta che permette di rallentare in molti pazienti l'evoluzione della malattia ma presto arriveranno nuove terapie, come il possibile utilizzo di terapie biologiche con anticorpi contro il frammento di beta amiloide che, prima ancora di fibrillare e depositarsi in placche, altera il funzionamento sinaptico, oppure si ricorrerà a sostanze che interferiscono con i complessi enzimatici alfa, beta e gamma secretasi che permettono il formarsi del frammento beta amiloide.
Redazione (07/06/2009)
Pubblicato in Analisi e Commenti
Tag:
Sorbi,
SINdem,
Alzheimer
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