Le apnee notturne causano danni al cervello
I deficit neurocognitivi associati a modificazioni strutturali del cervello in pazienti con apnee ostruttive sono reversibili dopo un anno di trattamento delle apnee
Uno studio condotto dai ricercatori dell'IRCCS Ospedale San Raffaele dimostra come i deficit neuro cognitivi associati a modificazioni strutturali del cervello nei pazienti con sindrome delle apnee ostruttive nel sonno (OSA-obstructive sleep apnea), siano reversibili dopo il trattamento delle apnee. La ricerca, coordinata dal professor Luigi Ferini Strambi, neurologo e responsabile del Centro di Medicina del Sonno dell'Ospedale San Raffaele Turro e dal professor Andrea Falini, primario di neuroradiologia del San Raffaele, è stata appena pubblicata sulla rivista scientifica Sleep.
Chi soffre di apnee ostruttive del sonno, durante il riposo, ha un'occlusione a carico delle prime vie aeree, quelle retrolinguali: quando si verifica un restringimento parziale, si ha il russamento; quando invece l'occlusione è completa si ha l'apnea, con risvegli che non sempre sono coscienti, ma ben registrabili con l'esame polisonnografico notturno. Di OSA soffrono circa 1 milione e 600mila italiani: i soggetti a rischio sono soprattutto le persone in sovrappeso, con collo corto e tozzo o con la mandibola piccola. Se non curata, questa patologia aumenta il rischio cardiaco: durante l'apnea il cuore rallenta, per poi accelerare di colpo alla ripresa del respiro; inoltre durante l'apnea diminuisce il livello di ossigeno nel sangue, e questa ipossia intermittente contribuisce a determinare le alterazioni nelle funzioni cognitive. C'è poi, in relazione alla frammentazione del sonno, il problema della sonnolenza di giorno con il rischio di incidenti d'auto e infortuni sul lavoro.
In un precedente studio pubblicato nel 2009 dallo stesso gruppo di ricercatori del San Raffaele, era stato dimostrato che i soggetti affetti da OSA, quando eseguono compiti che richiedono attenzione e memoria, attivano un maggior numero di aree cerebrali, rispetto ai soggetti sani.
Questo eccessivo sforzo risulta normalizzarsi dopo l'uso della terapia con CPAP (apparecchio a pressione positiva continua che immette aria forzata attraverso una maschera nasale che tiene aperte le vie aeree evitando così le apnee). In un'altra ricerca del gruppo del San Raffaele, pubblicata nel 2011 era stato evidenziato come le apnee notturne determinino modificazioni strutturali della sostanza grigia cerebrale.
Su Sleep, grazie alle sofisticate tecniche di neuroimaging per lo studio del cervello, in particolare le tecniche avanzate di Risonanza Magnetica, i ricercatori del San Raffaele hanno dimostrato che nei soggetti con apnee notturne anche la sostanza bianca è alterata in diverse aree cerebrali. "Se nei primi studi condotti sui pazienti con OSA abbiamo potuto verificare le differenze strutturali della sostanza grigia e dell'attività dei circuiti corticali, in quest'ultimo studio abbiamo completato l'indagine applicando le tecniche di Diffusione che permettono di analizzare le caratteristiche degli assoni e della mielina che costituiscono la sostanza bianca. E' stato possibile innanzitutto mettere in risalto le aree cerebrali dove la sostanza bianca appariva diversa e poi seguirne le modificazioni osservando l'effetto della terapia" spiega il professor Andrea Fallini, primario di neuroradiologia.
Allo studio hanno partecipato 17 pazienti con OSA che dopo 3 mesi di trattamento con l'apparecchio CPAP hanno avuto miglioramenti nella sostanza grigia cerebrale e dopo 1 anno di trattamento la completa normalizzazione anche della sostanza bianca, con notevole beneficio delle funzioni cognitive (attenzione, memoria e funzioni esecutive).
Afferma la dott.ssa Vincenza Castronovo, primo autore: "Il danno strutturale della sostanza bianca in pazienti affetti dalla sindrome delle apnee ostruttive nel sonno è accompagnato da deficit neurocognitivi che coinvolgono in particolare la memoria, l'attenzione e le funzioni esecutive. La CPAP permette una normalizzazione delle funzioni cognitive, accompagnata alla normalizzazione del danno strutturale a livello della sostanza bianca cerebrale solo dopo un anno di trattamento."
Conclude il professor Ferini Strambi "Questo studio insieme agli altri già precedentemente pubblicati possono essere utilizzati nella pratica clinica per motivare i soggetti affetti da tale patologia ad utilizzare il trattamento, a volte poco accettato o non ritenuto importante."
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