Una nuova tecnologia per la cura delle leucemie
Un evoluzione del del TCR Gene transfer, il TCR gene editing, produce linfociti anti-tumorali con un recettore dei linfociti T (TCR) specifico per un tipo di tumore
Un lavoro a firma dei ricercatori del San Raffaele di Milano è pubblicato oggi su Nature Medicine. Lo studio, frutto del lavoro di un team di ricercatori multidisciplinare e internazionale guidato da Chiara Bonini responsabile dell'Unità di Ematologia sperimentale del San Raffaele, in collaborazione con Luigi Naldini Direttore dell'Istituto San Raffaele Telethon per la Terapia Genica, ha permesso di mettere a punto una nuova tecnica di immunoterapia cellulare adottiva per il cancro, definita TCR gene Editing disegnata per attaccare e sconfiggere più efficacemente i tumori del sangue.
L' immunoterapia cellulare adottiva si è dimostrata efficace in pazienti con alcuni tipi di tumore, anche in stadio avanzato. Questo approccio si basa sul presupposto che il sistema immunitario è un'arma molto potente e può essere utilizzato nella terapia dei tumori. Negli ultimi decenni infatti sono stati condotti studi clinici sperimentali basati sulla somministrazione a pazienti con tumori di cellule del sistema immunitario, chiamati linfociti T, alcuni dei quali sono in grado di riconoscere ed eliminare le cellule tumorali.
Infatti ogni linfocita T è specifico per un determinato antigene (piccolo frammento di una proteina). Ciò significa che nel nostro organismo ci sono tanti linfociti T diversi, che riconoscono antigeni diversi come antigeni virali o fungini. Essi, grazie alla loro specificità di riconoscimento, ci difendono da molte malattie, eliminando, ad esempio, virus e funghi. Cosa conferisce la specificità? Il "recettore dei linfociti T" (TCR), ovvero una molecola presente sulla superficie del linfocita T composta da due catene legate tra loro.
Ogni linfocita esprime un solo tipo di TCR, diverso da quello degli altri linfociti T presenti nello stesso individuo. I linfociti che riconoscono antigeni tumorali possono attaccare le cellule tumorali. Purtroppo sono molto rari e spesso non bastano per eliminare il tumore.
TCR gene Editing è "l'evoluzione" di TCR Gene Transfer, una procedura che permette di generare rapidamente un numero elevato di linfociti T specifici per un determinato tumore. I linfociti anti-tumorali sono generati in laboratorio tramite il trasferimento genico, nei linfociti T di un paziente, dei geni di un TCR anti-tumorale, preventivamente isolato in laboratorio dai rari linfociti anti-tumorali. Questi linfociti tumore-specifici prodotti in laboratorio, tuttavia, differiscono da quelli naturali poichè presentano due diversi tipi di TCR, quello endogeno (presente già prima del trasferimento genico) e quello esogeno, anti-tumorale che è stato introdotto tramite la manipolazione genetica. La presenza di 2 TCR diversi sulla stessa cellula comporta sia problemi di efficacia che di sicurezza. Il TCR anti-tumorale deve infatti competere con quello endogeno per accedere alla membrana cellulare e dunque per poter riconoscere il tumore. I linfociti generati con questa tecnologia sono dunque meno efficaci rispetto ai rari linfociti anti-tumorali che originano naturalmente.
Inoltre, poiché ogni TCR è formato da due catene, i linfociti prodotti tramite TCR-gene transfer esprimono quattro diverse catene che possono appaiarsi in modo scorretto formando nuovi TCR con specificità imprevedibili che possono riconoscere e danneggiare tessuti sani del paziente, provocando reazioni di autoimmunità.
I ricercatori del San Raffaele, hanno superato i limiti di TCR Gene Transfer e messo a punto "TCR-gene editing" una procedura attraverso la quale è possibile, sostituire il TCR endogeno con il TCR anti-tumorale, generando un numero elevato di linfociti che esprimono alti livelli del solo TCR anti-tumorale. Questa tecnologia consente dunque di produrre, potenzialmente per ogni paziente, linfociti T efficaci e sicuri quanto i linfociti T anti-tumorali naturali.
Ciò è stato possibile grazie all'utilizzo di Zinc Finger Nucleases (ZFN), molecole artificiali in grado di riconoscere sequenze specifiche di DNA (scelte a priori dagli scienziati) e di provocare tagli nella sua doppia elica. Questo taglio nel DNA provocato dalle ZFN interrompe l'informazione genetica e rende la cellula incapace di produrre la proteina codificata dal gene colpito dalle ZFN. L'editing del DNA con le ZFN è stato applicato alla terapia genica per la prima volta dal gruppo di Luigi Naldini ed è stato riconosciuto come "metodo dell'anno" alla fine del 2011 dalla rivista Nature.
Afferma Chiara Bonini coordinatrice del nuovo studio e responsabile dell'Unità di Ematologia Sperimentale dell'IRCCS San Raffaele: "Il passo successivo per questa strategia innovativa per l'immunoterapia del cancro, ancora in fase preclinica, è la produzione di reagenti e protocolli utilizzabili in contesto clinico."
I due giovani primi autori di questo studio, Elena Provasi e Pietro Genovese, riceveranno oggi a Ginevra il prestigioso van Bekkum Award, dalla Società Europea di Trapianto di Midollo (EBMT).
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