Ha creato il minirobot che cammina sul cuore
Il professor Zenati lo sperimenta negli Usa: è un «millepiedi» lungo meno di 3 centimetri
Marco Zenati, cardiochirurgo veronese, continua a far parlare l’America dei suoi sempre più sorprendenti e avveniristici interventi cardiochirurgici, che abbattono frontiere finora ritenute insuperabili nella cura delle malattie cardiache. Il professor Zenati, in questi ultimi tre anni, sta sperimentando con successo l’uso di robot nella cardiochirurgia e la sua più recente «invenzione» è a dir poco curiosa: in collaborazione con un ricercatore del prestigioso Robotics Institute della Carnegie Mellon University di Pittsburgh in Pennsylvania (il primo al mondo), dove Zenati insegna Bioingegneria, ha messo a punto un piccolo robot in grado sia di inserire cellule, fattori di crescita o collagene (scientificamente, «Extracellular matrix») per rigenerare aree cardiache danneggiate, sia di fissare elettrodi per la risincronizzazione cardiaca e infine per migliorare le tecniche di ripristino del flusso di sangue nelle arterie coronariche ostruite. Si chiama «Tethered epicardial module», in sigla Tem, ma Zenati, che pur vivendo ormai da più di dieci anni negli Usa non ha perso la fantasia italiana e l’aria veronese del Monte Baldo, lo ha denominato «Robottino millepiedi», in quanto assomiglia a un piccolo millepiedi, lungo un pollice, meno di tre centimetri, che può muoversi sulla superficie del cuore. In questi giorni, Zenati sta sperimentando l’apparecchio su un modello e sta scrivendo una importante relazione preliminare dei suoi test che presenterà il prossimo giugno nel convegno dell’International Society for Minimally Invasive Cardiac Surgery a Londra.
«Il robot», spiega Zenati, «è un piccolo apparecchio che si muove utilizzando delle minuscole ventose e che misura un pollice. Può scivolare sotto lo sterno del paziente in anestesia locale, entrare nel sacco pericardico e attaccarsi sulla superficie del cuore. Ritengo importante studiarne le sue applicazione perché, in un giorno non lontano, potrebbe essere impiegato per terapie chirurgiche sul cuore pulsante.
Usando cuscinetti aspiranti, che sono una sorta di tamponi aderenti alla superficie del cuore, il congegno con due piedi striscia in ogni parte del cuore e dunque può essere usato per iniettare cellule da rimpiazzare, inserire elettrodi o impiantare circuiti per ripristinare il flusso del sangue nelle arterie coronariche ostruite. E poiché si tratta di un congegno aggiunto al muscolo cardiaco, il bisogno di compensare il movimento del cuore battente è eliminato. Il Tem si muove con il cuore e noi ci muoviamo con lui».
Zenati sta lavorando a questo progetto in collaborazione con il dottor Cameron Riviere, ricercatore al Robotic Institute della Carnegie Mellon University (dove un altro veronese illustre, l’avvocato Stefano Falconi, è direttore amministrativo). Supportati da fondi di ricerca della Fondazione Pittsburgh e del National Institute of Health, i due studiosi stanno provando il prototipo su un maiale anestetizzato.
Ma stanno anche aspettando finanziamenti privati da un fondo di «venture capital» di Philadelphia per sviluppare una congegno di seconda generazione, adatto per compiere test sull’uomo. «L’apparecchio», continua Zenati, «potrebbe essere particolarmente adatto per le terapie cardiache che sono ancora all’orizzonte, che limitano al massimo tagli e suture e che procedono rilasciando cellule e medicazioni che riparano il danno e portano immediatamente alla cicatrizzazione».
«La tradizionale sutura con ago e filo sarà meno necessaria in futuro», dice Zenati, che ha usato il primo robot per operazioni di by-pass sul cuore umano tre anni fa, servendosi di un sistema chirurgico denominato Zeus, dal costo di un milione di dollari.
Marco Zenati, 42 anni, figlio di Antonio Zenati, primario di pneumologia a Borgo Trento, nei primi anni Ottanta, studi in medicina alla Cattolica di Roma e laurea all’Università di Verona, dal ’93 è approdato a Pittsburgh, dove attualmente è professore associato di chirurgia cardiovascolare e direttore del Programma di cardiochirurgia mini invasiva e robotica del centro medico dell’università americana. Dal ’95 ad oggi ha condotto più di mille interventi di by pass con la chirurgia mini invasiva su cuore battente. Nel giugno del 2000, Zenati aveva fatto parlare di sé l’America per l’inserimento di by-pass coronarici, senza anestesia totale su un paziente sveglio e da allora ha continuato su questa strada, cercando di migliorare e di perfezionare questa metodica.
«Il corpo del prototipo Tec», spiega Zenati, «consiste in due piedi policarbonati, ognuno di mezzo pollice di diametro e ognuno con un tampone a sistema aspirante. I piedi sono allineati uno di fronte all’altro e connessi con tre sottili tubi, che serpeggiano dentro il robot e fuori del corpo, per connetterli con i motori esterni. L’apparecchio si muove come un millepiedi: tiene fisso il piede posteriore, mentre i fili muovono il piede frontale in avanti e poi pianta il piede frontale, mentre le guaine dei tubi metallici muovono l’altro piede per incontrare il piede avanti. Un bioingegnere controlla il movimento dall’esterno usando un joystick (come in un videogioco), guidato da una videocamera montata sul Tec che funziona attraverso una fibra ottica attaccata al piede conduttore».
L’apparecchio è tanto piccolo da entrare nel corpo attraverso tubi del diametro di 2-3 pollici, 6-8 centimetri.
Dal punto d’entrata, sotto l’estremità dello sterno, inoltre, l’operatore, che in futuro potrebbe anche non essere necessariamente un chirurgo, non deve studiare una via diretta del cuore, ma fa percorrere al robottino la strada più corta. Insomma, un meccanismo semplice da descrivere, ma molto sofisticato nella sua struttura.
Eppure, il docente veronese e il collega scienziato di robotica vogliono ancora perfezionarlo e stanno mettendo a punto un robot di seconda generazione che dovrebbe incorporare dei micromotori nella macchina.
Fonte: (30/03/2004)
Pubblicato in Medicina e Salute
Tag:
cuore,
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