Un tipo di linfoma va in remissione grazie al crizotinib
Uno studio iniziato nel 2010 in 7 centri nel mondo e coordinato a Milano indica il mantenimento della risposta farmacologica dopo 3 anni con l'inibizione della proteina ALK
Il 64 per cento dei pazienti non presenta segni di recidiva a due anni dall'inizio del trattamento, il 63% mantiene la risposta anche dopo tre anni: ecco risultati definitivi sul trattamento di pazienti affetti da linfoma ALK-positivo in fase avanzata con la molecola crizotinib, che inibisce la proteina ALK, la causa del linfoma. I risultati sono stati presentati a New Orleans (USA) in sessione semiplenaria al Congresso dell'Associazione Americana di Ematologia.
Lo studio, Crizotinib in advanced, chemoresistant Anaplastic Lymphoma Kinase (ALK)+ lymphoma patients è firmato da Carlo Gambacorti Passerini, professore associato di Ematologia nel Dipartimento di Scienze della Salute dell'Università di Milano-Bicocca, diretto dalla professoressa Maria Grazia Valsecchi. Tra i co-autori, anche Cristina Messa, già direttore dell'Unità Operativa di Medicina Nucleare dell'Azienda Ospedaliera San Gerardo di Monza, attualmente rettore dell'Ateneo milanese. Il gruppo, diretto da Gambacorti-Passerini, lavora da alcuni anni alla ricerca preclinica su questo tipo di linfoma e ha già prodotto importanti contributi nella conoscenza di questa patologia.
I linfomi ALK+ colpiscono ogni anno circa 2 mila pazienti in Europa.
La sperimentazione, multicentrica, indipendente e quindi non sponsorizzata da alcuna azienda farmaceutica, è iniziata nel 2010, su tre pazienti di età compresa tra i 20 e i 26 anni, in fase avanzata di malattia. La sperimentazione è stata successivamente allargata a 11 pazienti di età compresa tra 18 e 55 anni, con una speranza di sopravvivenza che non superava poche settimane di vita. Degli undici pazienti trattati sia a Monza che in altri centri in Germania, Canada, Belgio e Israele, dieci hanno risposto con riduzione o scomparsa delle lesioni presenti. La terapia ha inoltre evidenziato una risposta soggettiva (scomparsa della febbre, diminuzione o scomparsa dei dolori) già dopo tre/quattro giorni di trattamento, con regressione completa delle lesioni presenti dopo un mese di terapia. Con un follow up medio di oltre trenta mesi appare un comportamento dicotomico: mentre quasi tutti i pazienti rispondono inizialmente, entro due/tre mesi circa metà dei pazienti sono recidivati e sono morti (tranne uno) entro un mese. In questi pazienti, le ricerche condotte nel laboratorio del professor Gambacorti-Passerini hanno evidenziato la selezione di cellule presentanti ulteriori mutazioni capaci di annullare l'attivitá del farmaco e per le quali sono in studio nuove molecole prodotte nell'Ateneo milanese. Il rimanente 50% dei pazienti ha continuato a rispondere al trattamento indefinitamente, conducendo una vita del tutto normale. La percentuale di pazienti senza segni di recidiva a due anni dall'inizio della terapia è del 64 per cento, e alcuni pazienti hanno superato i tre anni di trattamento.
"Trattandosi di pazienti affetti da una malattia estremamente aggressiva e in fase avanzata – ha detto il professor Gambacorti Passerini – questi risultati sono molto positivi, soprattutto per la loro durata nel tempo. Il trattamento con crizotinib è inoltre gravato da un impatto tossico decisamente inferiore rispetto ai più tradizionali farmaci citotossici e chemioterapici: l'effetto collaterale più frequente è rappresentato da lievi disturbi della visione presenti nei primi mesi di terapia".
I risultati dello studio sono ora in fase di pubblicazione in una importante rivista americana.
Redazione (20/01/2014)
Pubblicato in Medicina e Salute
Tag:
Crizotinib,
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