Siamo tutti nati nel fango, ma alcuni di noi guardano alle stelle*
Ho un amico artista che alle volte dice cose con le quali non sono molto d’accordo. Magari raccoglie un fiore e dice: “Guarda com’è bello”, e sono d’accordo; ma poi aggiunge: “Io riesco a vedere che è bello proprio perché sono un artista; voi scienziati lo scomponete in tanti pezzi e diventa una cosa senza vita”, e allora penso che abbia le traveggole. Per cominciare, la bellezza che vede lui è accessibile a chiunque e quindi anche a me, credo. Non avrò un senso estetico raffinato come il suo, ma sono comunque in grado di apprezzare la bellezza di un fiore. Per di più vedo nel fiore molte cose che lui non riesce a vedere. Posso immaginare le cellule, là dentro, e i complicati meccanismi interni, anch’essi con una loro bellezza. Non esiste solo la bellezza alla dimensione dei centimetri, c’è anche su scale più piccole, nella struttura interna, o nei processi. Il fatto che i colori dei fiori si siano evoluti per adescare gli insetti impollinatori, ad esempio, è interessante: significa che gli insetti vedono i colori. E allora uno si chiede: il senso estetico dell’uomo vale anche per le forme di vita inferiori? Perché è estetico? Domande affascinanti che mostrano come una conoscenza scientifica in realtà dilati il senso di meraviglia, di mistero, di ammirazione suscitati da un fiore. La scienza può solo aggiungere; davvero non vedo come e che cosa possa togliere.
Richard Feynman, “Il piacere di scoprire” (titolo originale: The pleasure of finding things out).
Il loto (Nelumbo) è una pianta acquatica dai bellissimi fiori variopinti. Nell’ammirare la candida bellezza del fiore di loto, nessuno lo immagina emergere da mezzo metro di melma, eppure questa pianta prolifera proprio in acque stagnanti, paludose. Questa dualità non è passata inosservata, e nella religione buddhista è addirittura diventata il paradigma della vita che, pur avendo le radici nel fango della mondanità, aspira verso l’alto, verso la buddhità.
Ma come puo’ una pianta ornamentale preservare la sua bellezza a dispetto dell’ambiente putrido in cui vive? Questo è possibile perché, come ci dice Feynman, la bellezza estetica si accompagna ad una bellezza meno evidente ma altrettanto affascinante. Come abbiamo già avuto modo di apprezzare, le nanotecnologie non le ha inventate l’uomo: le ha solo scoperte.
Le foglie del fiore di loto sono costituite da un’epidermide rugosa, le cui papille – di dimensioni dell’ordine dei micrometri (millesimi di millimetro) – sono a loro volta ricoperte da filamenti nanometrici. Questa doppia struttura, unitamente alla naturale composizione idrorepellente dei suoi elementi, impedisce il contatto tra la superficie della foglia e le gocce d’acqua, che possono solo rotolare (non scivolare!) via portandosi appresso anche eventuali particelle di sporco. Questo fenomeno della super-idrofobia è noto anche come effetto loto.
Inutile dire che la comunità scientifica ha già mostrato profondo interesse per questo meccanismo, riuscendo nell’intento di riprodurlo alla superficie di vetri, muri, tetti e persino tessili.
Lo scorso sabato, durante le grandi pulizie che mi hanno invalidato per il resto del fine settimana, mi chiedevo perché non abbiano ancora creato i pavimenti autopulenti. Probabilmente le industrie chimiche produttrici di detergenti non hanno troppo a cuore l’esito di una ricerca che le farebbe fallire.
Nell’attesa però potrei fare un salto al giardino botanico, fare incetta di foglie di loto e tassellarvi il pavimento di casa mia.
Cari lettori, dopo aver letto questo post, il fiore di loto è più o meno bello ai vostri occhi?
* La citazione nel titolo è un celebre aforisma di Oscar Wilde. E comunque era bello mettere una stellina accanto all’ultima parola, no?
Tag:autopulente, Buddha, buddhismo, effetto loto, fiore di loto, idrofobia, idrorepellente, melma, nanotecnologie, Richard Feynman, super-idrofobia
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Cara Sabrina, grazie per questa nuova pubblicazione come sempre intelligente ed accattivante. Infine, sì il fiore di loto è ancora più bello!!!!! Grazie e a leggerti presto
Quando si affronta una discussione scientifica che collateralmente tocca quelle che con presunzione chiamiamo ‘funzioni cognitive evolute’ mi domando sempre quanto noi ci siamo davvero evoluti ed allontanati dalla nostra natura animale…
Quanto il gusto estetico verso certi accostamenti di colori per esempio sia dovuto ad un’evoluzione culturale dei costumi e quanto invece sia cablato nei circuiti piu’ profondi del nostro cervello da animali.
Per esempio i segnali stradali di pericolo sono bianchi e rossi per maggior visibilità e molti serpenti e funghi velenosi hanno lo stesso colore (per far capire a chi vuol cibarsene che non hanno bisogno di nascondersi), il simbolo del rischio radioattivo e le strisce che delimitano zone pericolose nelle aree industriali sono gialle e nere, proprio come alcuni tra gli anfibi piu’ velenosi o le piu’ comuni vespe.
Sicuramente il nostro cervello ha capacità di astrazione simbolica enormi, e grazie ad esso i piu’ illustri esponenti della nostra specie sono stati capaci di concepire le piramidi, la divina commedia e le nozze di figaro, ma di fronte a questi successi spesso ci dimentichiamo che in fondo in fondo siamo animali.
Il colore nero ci spaventa perchè ricorda le infinite notti spese alla mercè dei predatori, il sapore dolce ci risulta gradevole perchè milioni di anni fa le piante inventarono il fruttosio e i frutti con cui attirare gli animali che avrebbero contribuito lla diffusione dei loro semi e l’amore che ci scalda i cuori in fondo in fondo è una rielaborazione piu’ evoluta dell’istinto che serve alla propagazione ed alla tutela della specie.
Dico questo non volendo affatto svilire la bellezza e i sentimenti, ma solo per sottolineare che quello che siamo parte da molto lontano, probabilmente proviamo lo stesso dolore che provava un verme ferito, la stessa paura di un trilobite nei confronti di possibili predatori capaci di rompere la sua corazza, la ferocia di un dinosauro ottuso e la soddisfazione di un lemure che ha trovato un frutto succoso da sgranocchiare.
Strato su strato, millennio dopo millennio, queste cose ci hanno costituito ed hanno contribuito a renderci quello che siamo: sono state la base di pensieri piu’ complessi come il senso di appartenenza ad un gruppo, le cure parentali, l’affetto verso la prole ed infine l’evoluzione del pensiero astratto che fin dall’alba dell’uomo ha prodotto arte (penso alle pitture rupestri di lascaux) che altro non è che la sublimazione astratta di cio che abbiamo visto nel mondo e che ci ha profondamente affascinato, sia essa una gazzella in corsa od un fiore che spunta dal fango
Il tuo commento sembra uscito dalla mia tastiera! Condivido al 100%
e certo: pure tu c’hai la tastiera germanofona ‘_’
Più.
e’ sempre bello leggere l’entusiasmo dei lettori.
Scrivo con una tastiera svizzera, so bene che piu’ si scrive con l’accento e non con l’apostrofo, ma la u accentata non è presente, se vuoi posso scrivere piü o piÙ
io pensavo che stesse rispondendo alla domanda “il fiore di loto è più o meno bello ai vostri occhi?” ‘_’
Infatti. Non mi sarei mai permesso di fare il maestrino, Zarathustra, figurati. Era un commento al post di Sabrina, il mio.
Allora mi scuso umilmente, davvero.
A volte sono proprio acido…
Complimenti per questo articolo e anche a Zarathustra per il suo commento, che anche io avrei voluto scrivere al suo posto.
Una sola parola per descriverli: meravigliosi! :-)
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