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Diabete di tipo I curato nei cani. Ecco a cosa serve la sperimentazione animale

A cosa serve la sperimentazione animale?
Ad esempio a capire meglio come funzionano certe patologie, ma anche a scovare nuovi modi di curare le malattie che ancora non hanno una terapia. In attesa che, un giorno, le stesse cure e le stesse scoperte si possano finalmente applicare all’uomo.
La storia della medicina è piena di successi in questa direzione, e oggi si aggiunge un nuovo tassello al puzzle: dei ricercatori spagnoli hanno curato il diabete di tipo I in alcuni cani, pubblicando i loro risultati su quella che forse è la più nota tra le riviste scientifiche del settore: Diabetes.

Esistono due tipi di diabete: semplificando molto, quello di tipo II è legato all’età e al peso corporeo (viene soprattutto agli adulti, e quando l’eccesso di grasso scatena un meccanismo noto come insulino-resistenza); quello di tipo I, invece, è di origine genetica: rappresenta una minima parte di tutti i casi di diabete nel mondo (meno del 10%, anche se sto andando a memoria), ma è quello più grave perché è al momento incurabile (l’altro si può ad esempio controllare con la dieta e migliorando lo stile di vita). Inoltre, quello di tipo I è dipendente da insulina: significa che se il malato non si inietta tutti i giorni costanemente le giuste dosi di insulina, muore.

I ricercatori spagnoli hanno curato proprio il diabete di tipo I, in alcuni cani a cui la malattia era stata indotta tra i 6 mesi e l’anno di vita. Per farlo hanno iniettato nei muscoli di questi animali virus resi innocui in laboratorio, che trasportavano due geni speciali: quello per l’insulina e quello per la glucokinasi, un enzima coinvolto nella regolazione degli zuccheri nel sangue. Il virus serviva a “fondere” questi due geni con il DNA dell’animale: si tratta di una vera e propria terapia genica, per riparare i difetti che sono alla base della malattia.
Con questo trattamento, l’animale improvvisamente diventava capace di gestire al meglio i livelli di zucchero nel sangue, nonostante il diabete: in pratica, non aveva più bisogno dell’insulina, e non si sono più verificati episodi di ipoglicemia.
Per contro, se ai cani veniva dato solo il gene dell’insulina, o solo quello della glucokinasi, la malattia non guariva affatto, dimostrando che i due geni devono lavorare insieme per riparare al danno del diabete di tipo I.

Ma c’è un però. Nonostante la cura funzioni perfettamente sui cani, non è detto che si possa applicare identica agli umani, come riporta New Scientist. C’è quindi ancora molto lavoro da fare (e ci vogliono ancora tanti anni di ricerche) per sconfiggere questa terribile patologia nell’uomo: ma di sicuro, grazie a questa scoperta, si è fatto un concreto passo in avanti.

Alla faccia vostra, animalisti!

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Scritto da Giovanni Argento Pubblicato il 19 febbraio 2013

 

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3 Commenti »

  • Simona dice:

    Non credo si dovrebbe agire come se ci fosse una guerra in corso, anche se i difensori degli animali si gettano nella mischia assetati di sangue umano. Portare alla luce i dati precisi di un esperimento serve a chiarire e a fare capire alle persone come chi fa ricerca spesso e volentieri viene inutilmente additato come un crudele vivisettore.
    Usare il cervello e lasciare che sia il raziocinio, ad agire, invece di una serie di emozioni che non servono né al progresso scientifico né agli animali stessi.

  • cassandra dice:

    Sono d’accordo: la sperimentazione animale serve alla specie animale sperimentale..es attinente all’articolo i risultati sui cani sono attendibili per i canidi..gli esperimenti sui topi (se non geneticamente modificati) sono un buon modello per i topi,ecc ecc.. a meno chel’animale modello non sia Geneticamente modificato,che la patologia sia spontanea enon fitttizia derivante da stimoli indotti artificialmente..
    La tentazione di semplificare e generalizzare è da tenere a freno..basti pensare alle zoonosi, stessa malattia ma cure diverse ed effetti diversi.
    Anche la biologia evolutiva ci sussurra questo concetto..
    la parassitologia insegna che tantissimi parassiti fanno cicli diversi in ospiti diversi e ben distinti..capendo bene le differenze genetiche-metaboliche delle varie specie.

  • CloseTheDoor dice:

    Che bravi, poteva essere un articolo da diffondere per far riflettere qualche amico, e con quella postilla “Alla faccia vostra” non posso più farlo. Grazie eh. Davvero.